5. Questo capitolo definisce un quadro politico di alto livello per le norme CFC. Poiché le norme CFC rientrano nel sistema di tassazione complessivo di una giurisdizione, la struttura e gli obiettivi delle norme CFC possono differire da una giurisdizione all’altra in quanto riflettono scelte politiche diverse. Il capitolo quindi introduce innanzitutto le considerazioni politiche che sono alla base di tutte le regole CFC e quindi elenca diversi obiettivi strategici a cui le giurisdizioni possono dare priorità in modo diverso.
1.1 Considerazioni politiche condivise
6. A seconda della loro progettazione, la norme CFC tassano le società capogruppo sulla base di alcuni o tutti i redditi di alcune o tutte le loro controllate estere. Nella maggior parte dei paesi, le norme CFC vengono utilizzate per impedire lo spostamento di reddito dalla giurisdizione della capogruppo e/o da altre giurisdizioni fiscali. Tuttavia, i paesi potrebbero anche essere preoccupati per il differimento a lungo termine della tassazione. Tutte le norme CFC condividono alcune considerazioni di politica generale, tra cui (i) il loro ruolo come misura deterrente; (ii) in che modo si integrano con le norme sui prezzi di trasferimento; (iii) la necessità di bilanciarne l’efficacia con la riduzione degli oneri amministrativi e di adempimento; e (iv) la necessità di bilanciarne l’efficacia con la prevenzione o l’eliminazione della doppia imposizione.
1.1.1 Effetto deterrente
7. Le norme CFC sono generalmente progettate per fungere da deterrente. In altre parole, le norme CFC non sono concepite principalmente per aumentare il gettito fiscale sui redditi delle CFC. Sono invece progettate per proteggere le entrate fiscali garantendo che i profitti rimangano all’interno della base imponibile della società capogruppo o, nel caso di regimi CFC che mirano anche alla riduzione delle basi imponibili di paesi terzi (c.d. “foreign-to-foreign stripping“) e di altre società del gruppo, in genere impedendo ai contribuenti di trasferire reddito nelle CFC. Le norme CFC, ovviamente, aumenteranno alcune entrate tassando il reddito delle CFC, ma è probabile che vi sia una riduzione delle entrate trasferite alle CFC dopo l’applicazione delle norme CFC. In comune con altre regole progettate per modificare il comportamento dei contribuenti, le regole CFC potrebbero non avere esclusivamente l’effetto suggerito dalla loro progettazione. Ad esempio, la progettazione delle norme CFC suggerisce di garantire diritti di tassazione secondaria alla giurisdizione di residenza. In realtà, tuttavia, se le norme CFC tassano effettivamente i profitti ad un’aliquota sufficientemente elevata, possono anche aumentare le opportunità di tassazione nelle giurisdizioni della fonte riducendo o eliminando l’incentivo fiscale per le MNE a spostare i redditi in CFC situate in giurisdizioni a bassa tassazione.
1.1.2 Interazione con le norme sui prezzi di trasferimento
8. Le norme sui prezzi di trasferimento sono intese ad adeguare gli utili imponibili delle imprese associate al fine di eliminare le distorsioni che si verificano ogniqualvolta i prezzi o altre condizioni di una transazione tra tali imprese differiscono da quelle che sarebbero state se le imprese non fossero state collegate. Poiché le norme CFC, per definizione, riguardano le parti correlate (poiché le società che sono soggette a tali norme sono controllate da un’altra entità), le giurisdizioni spesso utilizzano queste norme anche per affrontare questioni di distorsione di prezzi tra parti correlate. In altre parole, le norme CFC sono viste come un modo col quale la giurisdizione della capogruppo intercetta i redditi di una CFC che la stessa potrebbe non aver derivato se il prezzo originario dell’attività di creazione del reddito fosse stato correttamente determinato. Le norme CFC vengono, quindi, spesso definite “di complemento” alle norme sui prezzi di trasferimento[1]. Tale terminologia, tuttavia, è fuorviante, in quanto le norme CFC non sempre completano le noprme sui prezzi di trasferimento. Le norme CFC possono essere indirizzate verso lo stesso reddito cui sono indirizzate le norme sui prezzi di trasferimento in alcune situazioni, ma è improbabile che le norme CFC o le norme sui prezzi di trasferimento, in pratica, eliminino la necessità delle une o delle altre. Al contrario, mentre le norme CFC possono intercettare un reddito che non viene intercettato dalle norme sui prezzi di trasferimento (e viceversa), nessuna serie di norme intercetta pienamente il reddito che l’altra serie di norme intende intercettare.
9. Le norme sui prezzi di trasferimento, che in genere si basano su un’analisi di fatti e circostanze e si concentrano principalmente sui pagamenti tra parti correlate, non eliminano la necessità delle norme CFC. Le norme CFC sono in genere più meccaniche e più mirate delle norme sui prezzi di trasferimento e molte norme CFC attribuiscono automaticamente determinate categorie di reddito che hanno maggiori probabilità di essere geograficamente mobili e quindi facili da trasferire in una giurisdizione estera a bassa tassazione, indipendentemente dal fatto che i redditi siano stati derivati da una parte correlata. Le norme CFC svolgono quindi un ruolo unico nel sistema fiscale internazionale. Le norme sui prezzi di trasferimento dovrebbero generalmente applicarsi prima delle norme CFC, ma anche dopo il completamento del lavori BEPS sui prezzi di trasferimento nell’ambito del piano d’azione BEPS, ci saranno ancora situazioni in cui i redditi assegnati ad una CFC potrebbero essere soggetti alle norme CFC. Ad esempio, l’attuale lavoro sui prezzi di trasferimento può consentire di allocare il rendimento di un finanziamento ad una scatola vuota (c.d. “cash box”) con poche funzioni che ha, tuttavia, fornito i finanziamenti[2]. Se tale entità è una CFC residente in una giurisdizione a bassa tassazione e la giurisdizione della capogruppo sceglie di sottoporre tale rendimento della CFC a tassazione, questa scelta sarebbe coerente con il piano d’azione sulla BEPS. Le norme CFC possono anche essere utilizzate dopo l’applicazione delle norme sui prezzi di trasferimento per affrontare situazioni in cui le norme sui prezzi di trasferimento sono state applicate in modo incoerente con gli obiettivi del piano d’azione sulla BEPS (BEPS Action Plan, OCSE , 2013)[3].
1.1.3 Prevenire efficacemente l’elusione riducendo nel contempo gli oneri amministrativi e di adempimento
10. Una terza considerazione politica è come progettare norme efficaci che non aumentino indebitamente i costi di adempimento e gli oneri amministrativi. Sebbene uno dei vantaggi delle norme CFC possa essere la loro applicazione relativamente meccanica, le norme CFC che sono puramente meccaniche potrebbero non essere efficaci come regole che consentono una maggiore flessibilità[4]. Tuttavia, la flessibilità può anche creare incertezza, che può influire contemporaneamente sui costi di applicazione e di adempimento delle regole CFC. Le regole CFC devono trovare un equilibrio tra poca complessità delle regole meccaniche e l’efficacia di regole più soggettive. Questa considerazione politica si riflette più chiaramente nelle regole sulla definizione del reddito. In tale contesto, sebbene un approccio che attribuisca un reddito basato esclusivamente sulla sua classificazione formale possa ridurre gli oneri amministrativi e di adempimento, un simile approccio potrebbe essere meno efficace, ed i paesi con norme CFC esistenti hanno generalmente optato per una combinazione tra questo approccio con analisi di sostanza meno meccanici per assicurare che gli utili attribuiti derivino effettivamente dall’erosione di base imponibile e dallo s spostamento di profitti. Le preoccupazioni relative all’onere amministrativo delle norme basate sulla sostanza possono, tuttavia, essere ridotte includendo esenzioni CFC adeguatamente mirate come un’esenzione per le società che non sono soggette a un’aliquota d’imposta inferiore.
1.1.4 Evitare la doppia imposizione
11. Un’ulteriore considerazione è come evitare la doppia imposizione. Poiché le norme CFC assoggettano efficacemente il reddito di una controllata estera alla tassazione nella giurisdizione della società madre, queste possono comportare una doppia imposizione se, ad esempio, la controllata è soggetta a tassazione anche nella propria giurisdizione. Le preoccupazioni relative alla doppia imposizione possono essere limitate con esenzioni di aliquote fiscali, che sono discusse nella prossima sezione, nelle norme CFC. Le norme vigenti in materia di CFC cercano di evitare la doppia imposizione anche attraverso meccanismi quali il credito di imposta estero. Questi meccanismi sono delineati nella discussione del sesto elemento costitutivo nel Capitolo 7.
1.2 Obiettivi politici specifici
12. Sebbene gli obiettivi politici sopra elencati siano coerenti nella maggior parte delle giurisdizioni con norme CFC, le singole giurisdizioni possono elaborare norme CFC per raggiungere una serie di altri obiettivi strategici. Questo è inevitabile dato che le norme CFC fanno parte del sistema generale di tassazione di una giurisdizione e sono i sistemi sottostanti a variare. Di conseguenza, le norme CFC possono variare in modo significativo a seconda delle priorità attribuite ai diversi obiettivi politici. Due differenze fondamentali che possono influenzare la progettazione di norme CFC sono (i) il tipo di sistema di tassazione di una giurisdizione (sistema fiscale mondiale o sistema fiscale territoriale) e (ii) l’appartenenza di una giurisdizione aell’Unione europea.
1.2.1 Sistemi mondiali e sistemi territoriali
13.Se una giurisdizione ha adottato un sistema fiscale mondiale, le sue norme CFC potrebbero applicarsi in misura molto ampia a qualsiasi reddito che non sia normalmente tassato nella giurisdizione madre rimanendo comunque coerenti con il sistema fiscale generale della giurisdizione madre. Se, tuttavia, una giurisdizione ha adottato un sistema fiscale territoriale, potrebbe essere più coerente applicare le norme CFC in modo restrittivo e sottoporre a tassazione solo il reddito che avrebbe dovuto essere tassato nella giurisdizione madre in base alle norme CFC. In realtà, i sistemi fiscali delle giurisdizioni non sono quasi mai puramente mondiali né puramente territoriali, ma rientrano in una gamma tra questi due. Ciò può influenzare le scelte politiche che le giurisdizioni fanno in termini di come affrontare la competitività internazionale e come affrontare la riduzione di base imponibile.
1.2.1.1 Trovare un equilibrio tra la tasazione del reddito estero ed il mantenimento della competitività
14. Nel progettare le norme CFC, occorre trovare un equilibrio tra tassare il reddito estero e i problemi di competitività attinenti alle regole che tassano i redditi delle controllate estere. Le norme CFC sollevano due principali tipi di problemi di competitività. Innanzitutto, le giurisdizioni con norme CFC che si applicano in modo generale potrebbero trovarsi in uno stato di svantaggio competitivo rispetto a giurisdizioni senza norme CFC (o con norme CFC più restrittive) perché, nel primo caso, le controllate estere di società residenti saranno tassate maggiormente rispetto a società possedute localmente da residenti nella giurisdizione estera. Questo svantaggio competitivo può, a sua volta, provocare distorsioni, ad esempio potrebbe avere un impatto sul luogo in cui i gruppi scelgono di localizzare la propria sede centrale o aumentare il rischio di inversioni, e può anche avere un impatto sulla proprietà o sulla struttura del capitale allorquando i gruppi tentasserto di evitare l’impatto delle norme CFC[5]. Con le norme CFC si può quindi correre il rischio di restringere o distorcere le attività economiche reali. In secondo luogo, le imprese multinazionali residenti in paesi con solide norme in materia di CFC possono trovarsi in uno stato di svantaggio competitivo rispetto a imprese multinazionali residenti in paesi che non dispongono di tali norme (o con norme CFC che si applicano ad aliquote significativamente più basse o ad una base imponibile più ristretta). Questo problema di competitività deriva dal fatto che le controllate estere delle prime multinazionali saranno soggette a un’aliquota fiscale effettiva più elevata sui loro redditi rispetto alle controllate estere delle seconde multinazionali a causa dell’applicazione delle norme CFC, anche quando entrambe le controllate operano nello stesso paese.
15. Per affrontare queste preoccupazioni, le giurisdizioni con sistemi territoriali hanno maggiori probabilità di tassare solo il reddito che è stato chiaramente deviato dalla giurisdizione principale, dando priorità alla competitività. Al contrario, le giurisdizioni con sistemi mondiali hanno maggiori probabilità di tassare più redditi in base alle proprie norme CFC, dando priorità alla tassazione del reddito estero. Poiché i sistemi fiscali esistenti non sono quasi mai sistemi mondiali puri né sistemi territoriali puri, le norme CFC, tipicamente, esentano il c.d. reddito “attivo” che è, o è più probabile che sia, collegato ad un’attività economica reale della controllata estera. Questo approccio potrebbe non essere del tutto efficace nel combattere la BEPS, ma, nello sviluppare raccomandazioni per la progettazione di norme CFC, occorre tenere presente che è necesario trovare un equilibrio tra la tassazione del reddito estero ed il mentenimento della competitività.
16. Un altro modo per mantenere la competitività sarebbe quello di garantire che più paesi implementino norme CFC simili. Si tratta quindi di uno piano sul quale i paesi dovrebbero lavorare insieme ed adottare regole simili che potrebbe ridurre le preoccupazioni in termini di competitività che i singoli paesi potrebbero avere nel valutare l’opportunità di attuare delle norme CFC.
1.2.1.2 Prevenzione dal trasferimento della base imponibile
17. Sebbene le norme CFC siano finalizzate ad impedire alle società del gruppo di trasferire reddito a società controllate estere, ciò non significa necessariamente che le norme CFC proteggano solo la base imponibile della giurisdizione della società capogruppo. Le norme CFC possono focalizzarsi sia solo sulla protezione della base imponibile della giurisdizione della società capogruppo, sia, congiuntamente, sulla prevenzione del trasferimento della base imponibile dalla giurisdizione della società capogruppo che dal trasferimento estero su estero. Le norme che si concentrano sulla protezione della base imponibile della giurisdizione della società capogruppo definiscono il reddito CFC al fine di includere solo quel reddito che viene deviato o trasferito dalla giurisdizione della società capogruppo, mentre quelle norme che si concentrano sul trasferimento estero su estero includono qualsiasi reddito che si sarebbe potuto generare in una qualsiasi giurisdizione diversa dalla giurisdizione della società controllata estera. In base al primo tipo di norme, che si concentrano sulla separazione della base imponibile dalla giurisdizione della società capogruppo, il reddito della società controllata estera deriavnte da attività svolte in un paese terzo non sarebbe soggetto alla tassazione in base alle suddette norme CFC. Secondo il secondo tipo di norme, che includono anche lo spostamento estero su estero, questo stesso reddito sarebbe soggetto alla tassazione secondo le norme CFC[6].
18. Le norme CFC che si concentrano esclusivamente sullo protezione della base imponibile della giurisdizione della società capogruppo potrebbero non essere efficaci rispetto a modelli di BEPS per due motivi. In primo luogo, potrebbe non essere possibile determinare il paese in cui la base imponibile è stata trasferita (ad esempio, nel caso di redditi apolidi). In secondo luogo, anche se fosse possibile determinarlo, il piano d’azione BEPS mira a prevenire l’erosione di tutte le basi imponibili, comprese anche quelle dei paesi terzi. Questo problema può essere di particolare rilevanza per i paesi in via di sviluppo perché potrebbe esserci più convenienza a strutturarsi attraverso giurisdizioni a bassa tassazione in assenza di norme CFC che si concentrino sul trasferimento di redditi estero su estero[7].
1.2.2 Norme CFC all’interno dell’Unione Europea
19. Un particolare problema di competitività può sorgere nel contesto dell’Unione europea. Dal 2006[8] è generalmente riconosciuto che la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (CGE) impone limitazioni alle norme CFC applicate all’interno dell’Unione Europea. Pertanto, mentre le raccomandazioni sviluppate nell’ambito di questa relazione devono essere sufficientemente ampie per essere efficaci nella lotta alla BEPS, devono anche essere adattabili, ove necessario, per consentire agli Stati membri dell’UE di conformarsi alla legislazione dell’UE. Questa considerazione politica riguarda tutte le giurisdizioni, comprese quelle che non sono Stati membri dell’Unione Europea, perché raccomandazioni incoerenti con il diritto dell’UE risulterebbero nell’impossibilità degli Stati membri di adottare tali raccomandazioni applicabili all’interno dell’Unione Europea. Ciò a sua volta significherebbe che i gruppi multinazionali che hanno sede in giurisdizioni che non sono Stati membri dell’UE potrebbero trovarsi in una situazione di svantaggio competitivo rispetto ai gruppi multinazionali che hanno sede negli Stati membri poiché questi ultimi non sarebbero soggetti a norme CFC altrettanto solide.
20. Nel caso Cadbury Schweppes[9] e nei casi successivi, la CGE ha dichiarato che le norme CFC e altre disposizioni fiscali applicabili alle operazioni transfrontaliere e giustificate dalla prevenzione dell’elusione fiscale devono “mirare a colpire specificamente quelle strutture di puro artificio che non riflettono la realtà economica ed il cui unico scopo è quello di ottenere un vantaggio fiscale”[10]. La giurisprudenza della CGE si applica a tutti gli Stati membri dell’UE ed allo Spazio Economico Europeo (SEE)[11], e si applica quando la giurisdizione della società capogruppo e la giurisdizione della società controllata estera sono entrambe nello SEE.
21. Lo scopo di questa relazione è di fornire raccomandazioni per norme CFC efficaci che possono essere implementate in tutte le giurisdizioni. Laddove vengono formulate raccomandazioni, esse sono valide sia per gli Stati membri dell’UE e per gli Stati non membri dell’UE. Tuttavia, laddove esistano opzioni applicabili, gli Stati membri dell’UE dovranno garantire di operare scelte coerenti con la legislazione dell’UE[12].
22. Sebbene la determinazione di come rispettare le libertà del trattato UE sia una decisione di ogni singolo Stato membro dell’UE, nella progettazione di norme CFC, gli Stati membri dell’UE potrebbero considerare quanto segue nella progettazione di norme CFC che siano flessibili e durature:
- includere un’analisi di sostanza che sottoporrebbe i contribuenti alle norme CFC solo se le società controllate estere non svolgano attività economiche reali. Alcuni Stati membri hanno già modificato le loro norme CFC in modo che non si applichino in caso di vere e proprie attività economiche e sono quindi coerenti con la definizione di “struttura di puro artificio” della CGE;
- applicando le norme CFC sia alle filiali nazionali che alle filiali estere. Una norma CFC si troverà in contrasto con la libertà di stabilimento solo se la norma stessa discrimina i soggetti non-residenti. Questo è stato chiarito nella sentenza Cadbury Schweppes, dove la CGE si è concentrata sulla differenza di trattamento in base alle norme CFC del Regno Unito tra una società controllata da residenti nel Regno Unito e una società controllata da non residenti. La CGE ha spiegato questa attenzione affermando che:
“Questa differenza di trattamento crea uno svantaggio fiscale per la società residente a cui è applicabile la legislazione CFC. Anche tenendo conto […] del fatto riferito dal giudice nazionale che tale società residente non paga, sui profitti della CFC rientrante nell’ambito di applicazione di tale legislazione, più tasse di quelle che sarebbero state dovute se quei profitti fossero stati realizzati da una controllata residente nel Regno Unito, ciò non toglie che in base a tale legislazione, la società residente è tassata sugli utili di un’altra persona giuridica. Ciò non vale per una società residente con una controllata soggetta ad imposta nel Regno Unito o una controllata stabilita al di fuori di tale Stato membro non soggetto ad un livello inferiore di tassazione”[13].
Pertanto, se una norma CFC considera le controllate nazionali equivalenti alle filiali estere, non dovrebbe essere considerata discriminatoria ai sensi della giurisprudenza della CGE, e non sarebbe, quindi, necessaria alcuna giustificazione. Tale approccio attribuirebbe il reddito allocato a qualsiasi società controllata, sia essa nazionale o estera, ai suoi azionisti residenti[14].
- Applicare norme CFC alle strutture “parzialmente artificiali”. Anche se una norma di tassazione diretta in uno Stato membro dell’UE è considerata lesiva della libertà di stabilimento e discriminante, può comunque essere mantenuta se è giustificata e proporzionata. Sebbene i precedenti casi di CFC trovassero le norme CFC negli Stati membri dell’UE giustificate e proporzionate solo se dirette a contrastare strutture totalmente artificiali, due ulteriori sviluppi recenti nell’analisi della CGE suggeriscono che le norme CFC possono essere ora giustificate e proporzionate anche in altri casi. Il primo sviluppo è che i casi hanno suggerito che le norme possono essere giustificate dalla necessità di prevenire l’elusione fiscale se dirette a contrastare strutture che non sono del tutto artificiali. Nel contenzioso sulla Thin Capitalization di gruppo, ad esempio, la CGE ha affermato che, nel determinare se la legislazione sulla thin capitalization fosse giustificata dalla necessità di prevenire pratiche abusive, la Corte dovrebbe stabilire “se la transazione in questione rappresenta, in tutto o in parte, una struttura artificiosa, il cui scopo essenziale è quello di eludere la legislazione fiscale di tale Stato membro”[15]. Questa formulazione suggerisce che una norma CFC in uno Stato membro dell’UE diretta ad assoggetare ad imposizione redditi di una società controllata estera che non è una struttura puramente artificiosa può essere giustificata in tal modo se la transazione che genera reddito è, almeno in parte, artificiosa.
- Progettare regole CFC per garantire esplicitamente un’allocazione equilibrata dei diritti di tassazione. La CGE ha suggerito che le disposizioni fiscali degli Stati membri non possono essere limitate a “strutture di puro artificio” se giustificate da una motivazione diversa dalla necessità di prevenire l’elusione fiscale. Sia nei casi SGI[16] che in Oy AA[17], per esempio, la CGE ha affermato che le norme in questione potevano essere giustificate nonostante il fatto che non fossero limitate a strutture di puro artificio perché erano giustificate dalla necessità di mantenere un’equilibrata ripartizione dei diritti di imposizione. Nella causa SGI, la CGE ha chiarito che questa “giustificazione può essere accettata, in particolare, quando il sistema in questione è concepito per impedire un comportamento idoneo a mettere in pericolo il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria giurisdizione fiscale in relazione alle attività svolte nel suo territorio”[18]. Sebbene la CGE non abbia ancora riscontrato che le norme CFC sono giustificate dalla necessità di mantenere un’equilibrata ripartizione dei diritti di imposizione, questi casi suggeriscono che le norme CFC potrebbero essere autorizzate ad essere applicate in modo più ampio se giustificate dalla necessità di un Stato membro di tassare gli utili derivanti da attività svolte nel proprio territorio.
[1] Si veda, ad esempio, Fleming, J. Clifton Jr., Peroni, Robert J. and Shay, Stephen E., Worse than Exemption, 59 Emory L.J. 79 (2009).
[2] Si veda la relazione “Action 8-10: Aligning Transfer Pricing Outcomes With Value Creation” (OECD, 2015) che permette di allocare un rendimento finanziario a basso rischio ad un’entità che non ha le risorse per controllare alcun tipo di rischio.
[3] Le norme CFC interagiscono anche con regole diverse dalle norme sui prezzi di trasferimento. Nella relazione “Deliverable on Neutralizing the Effects of Hybrid Mismatch Arrangements” (OECD, 2014), ad esempio, la Raccomandazione 5 ha riconosciuto l’importanza delle norme CFC quando incoraggiava le giurisdizioni a migliorare le proprie norme CFC per prevenire i risultati di deduzione/non inclusione derivanti da pagamenti ad un ibrido inverso.
[4] Norme CFC puramente meccaniche potrebbero anche essere incompatibili con le leggi dell’Unione Europea per le ragioni che saranno esposte successivamente in questo capitolo.
[5] Esiste la percezione che delle norme CFC solide possano condurre a fenomeni di inversione, ossia che i gruppi cambino la residenza della società capogruppo per evitare l’effetto delle norme CFC. Comunque, sebbene è più probabile che le norme CFC aumentino i rischi di inversione, queste non sono l’unico fattore e altre questioni, come le aliquote fiscali o il sistema generale di tassazione (mondiale o territoriale), potrebbero giocare un ruolo in queste scelte. Per questo motivo le inversioni, e le regole che alcuni Paesi hanno adottato per contrastarle, non sono coperte da questo rapporto, sebbene i Paesi potrebbero comunque considerarle a parte.
[6] Le regole che consentono alle società di scegliere se le loro filiali sono considerate come società di persone (trasparenti) o entità autonome (non trasparenti) restringono anche l’attenzione delle norme CFC, con il risultato che non prevengono il trasferimento estero su estero. La regola di disallineamento da ibridi modificata che si discuterà nel Capitolo 2, tuttavia, è progettata per eliminare l’effetto di tale scelta in base alle norme CFC e potrebbe quindi ridurre la disponibilità di questa opzione.
[7] Per ulteriori informazioni sull’effetto dell’Azione 3 e delle altre azioni sui paesi in via di sviluppo, consultare il Piano d’Azione BEPS ed il Rapporto BEPS, che fanno riferimento entrambi all’effetto a catena delle norme CFC sui paesi della fonte del reddito.
[8] Nel 2006, la Corte di Giustizia Europea ha emesso il suo parere nella causa C-196/04 tra Cadbury Schweppes plc e Cadbury Schweppes Overseas Ltd contro Commissioners of Inland Revenue. Questo caso ha considerato la compatibilità delle norme CFC degli Stati membri con le libertà sancite dal trattato UE.
[9] Cadbury Schweppes plc e Cadbury Schweppes Overseas Ltd contro Commissioners of Inland Revenue, C-196/04. Casi più recenti hanno fatto eco alla decisione di Cadbury Schweppes. In Itelcar – Automóveis de Aluguer Lda. v. Fazenda Pública, causa C-282/12 (3 ottobre 2013), la Corte di Giustizia ha chiarito che una misura nazionale che limita le libertà fondamentali dell’UE può essere giustificata solo laddove si tratti specificamente di strutture di puro artificio che non riflettono la realtà economica ed il cui unico scopo è quello di evitare l’imposta normalmente dovuta sugli utili generati dalle attività svolte sul territorio nazionale. Nella sentenza Itelcar, la Corte di Giustizia ha proseguito affermando che dalla giurisprudenza della stessa Corte emerge che, quando le norme sono fondate su una valutazione di elementi oggettivi e verificabili al fine di determinare se una transazione rappresenti una struttura di puro artificio creata per sole ragioni fiscali, possono essere considerate coerenti con quanto necessario per prevenire l’evasione e l’elusione fiscale, se, in ogni occasione in cui non è possibile escludere l’esistenza di tale struttura artificiosa, tali norme danno al contribuente l’opportunità, senza ulteriori oneri amministrativi, di fornire prove di qualsiasi giustificazione commerciale che possa esserci stata per quella transazione.
[10] Haribo Lakritzen Hans Riegel BetriebsgmbH and Österreichische Salinen AG contro Finanzamt Linz, Cause riunite C-436/08 and C-437/08, paragrafo 165.
[11] La giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea si applica anche ai paesi che non sono Stati membri dell’Unione Europea nella misura in cui interpreta le libertà fondamentali protette dall’accordo sullo Spazio Economico Europeo.
[12] Anche paesi che non sono Stati membri dell’UE potrebbero attuare le modifiche adottate dagli Stati membri dell’UE.
[13] Sentenza Cadbury Schweppes, paragrafo 45.
[14] Almeno una giurisdizione applica già un simile approccio. La legislazione della Danimarca non considera diversamente una controllata estera residente nell’UE/SEE o una controllata estera residente al di fuori dell’UE/SEE dello stesso azionista residente.
[15] Test Claimants nella Thin Cap Group Litigation contro Commissioners of Inland Revenue, C-524/04, paragrafo 81.
[16] Société de Gestion Industrielle (SGI) contro lo Stato belga, C-311/08 (21 gennaio 2010) (ritenendo che la libertà di stabilimento non impedisse agli Stati membri di esigere aggiustamenti di profitto nel caso di transazioni non conformi al principio di libera concorrenza con soggetti non residenti).
[17] Oy AA, C-231/05 (18 luglio 2007) (ritenendo che la libertà di stabilimento non impedisse agli Stati membri di limitare le deduzioni di interessi per i trasferimenti intragruppo ai pagamenti effettuati a società residenti).
[18] Causa SGI, paragrafo 60.
Bibliografia
Fleming J. Clifton Jr, Peroni Robert J. and Shay Stephen E. (2009), Worse than Exemption, 59 Emory L.J. 79 (2009).
OECD (2015), Aligning Transfer Pricing Outcomes with Value Creation, Actions 8-10 – 2015 Final Reports, OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, OECD Publishing, Paris, http://dx.doi.org/10.1787/9789264241244-en.
OECD (2014), Neutralising the Effects of Hybrid Mismatch Arrangements, OECD Publishing, Paris, http://dx.doi.org/10.1787/9789264218819-en.
OECD (2013), Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting, OECD Publishing, Paris, http://dx.doi.org/10.1787/9789264202719-en.