Introduzione
A. Oggetto del capitolo
A.1 Riorganizzazioni aziendali che rientrano nell’oggetto del presente capitolo
9.1 Non esiste una definizione giuridica o universalmente accettata della nozione di riorganizzazione aziendale. Nell’ambito del presente capitolo, l’espressione riorganizzazione aziendale si riferisce alla riorganizzazione transnazionale delle relazioni commerciali o finanziarie tra imprese associate, inclusa la risoluzione o la rinegoziazione sostanziale di accordi già esistenti. Una riorganizzazione può essere motivata o condizionata da relazioni con terze parti (ad esempio, fornitori, subappaltatori, clienti).
9.2 Le riorganizzazioni aziendali possono spesso comportare la centralizzazione di rischi, funzioni o beni immateriali, nonché del potenziale di profitto a essi connesso. Esse solitamente comprendono:
- conversione di distributori a pieno rischio (che sono imprese con un livello relativamente più elevato di funzioni e rischi) in distributori a rischio limitato o commissionari (che sono imprese con un livello relativamente più basso di funzioni e rischi) per un’impresa associata straniera che può svolgere il ruolo di società committente;
- conversione di produttori a pieno rischio (che sono imprese con un livello relativamente più elevato di funzioni e rischi) in produttori su commessa (contract manufacturer) o produttori conto terzi (toll manufacturer) (che sono imprese con un livello relativamente più basso di funzioni e rischi) per un’impresa associata che può svolgere il ruolo di società committente;
- trasferimenti di beni immateriali o di diritti su beni immateriali a un’entità centrale (la cosiddetta “IP company”) all’interno del gruppo;
- concentrazione di funzioni in un’entità centrale o regionale, con la corrispondente riduzione delle funzioni in termini di numero o ampiezza svolte localmente; quali esempi si possono citare le attività di approvvigionamento, l’assistenza alle vendite e la logistica relativa alle forniture.
9.3 Alcune riorganizzazioni aziendali comportano, inoltre, il trasferimento di più beni immateriali o rischi a entità operative (ad esempio, a produttori o distributori). Le riorganizzazioni aziendali possono anche essere costituite dalla razionalizzazione, dalla specializzazione o dalla de-specializzazione di attività (siti e/o processi produttivi, attività di ricerca e sviluppo, vendita, servizi), ivi compreso il ridimensionamento o la cessazione di attività. Il principio di libera concorrenza e le indicazioni fornite nell’ambito del presente capitolo si applicano allo stesso modo a tutti i tipi di transazioni comprese nella riorganizzazione aziendale, a prescindere dal fatto che conducano a un modello aziendale più o meno centralizzato.
9.4 Le ragioni addotte dai contribuenti per le riorganizzazioni aziendali sono la volontà di massimizzare le sinergie di gruppo e le economie di scala, di ottimizzare la gestione delle linee di business e migliorare l’efficienza della catena produttiva e distributiva, traendo vantaggio dallo sviluppo delle tecnologie basate sulla rete internet che ha favorito l’apparizione di organizzazioni globali. Inoltre, le riorganizzazioni aziendali possono essere necessarie per preservare la redditività o limitare le perdite, ad esempio in situazioni di eccedenza di capacità produttiva o in periodi di congiuntura economica negativa.
A.2 Problematiche che rientrano nell’oggetto del presente capitolo
9.5 Il presente capitolo esamina gli aspetti legati ai prezzi di trasferimento delle riorganizzazioni aziendali, ossia l’applicazione dell’articolo 9 (Imprese associate) del Modello di Convenzione Fiscale dell’OCSE e delle presenti Linee guida alle riorganizzazioni aziendali.
9.6 Le riorganizzazioni aziendali sono solitamente accompagnate da una ridistribuzione degli utili tra le entità del gruppo multinazionale, effettuata immediatamente dopo la riorganizzazione o dilazionata su più anni. Uno dei principali obiettivi del presente capitolo, ai sensi dell’Articolo 9, è di esaminare in che misura tale ridistribuzione del potenziale di profitto sia conforme al principio di libera concorrenza e, più in generale, in che modo tale principio si applichi alle riorganizzazioni aziendali. L’attuazione di modelli aziendali integrati e lo sviluppo di organizzazioni globali possono complicare l’applicazione del principio di libera concorrenza, che determina il profitto dei membri di un gruppo multinazionale facendo riferimento alle condizioni che sarebbero state applicate tra imprese indipendenti in caso di transazioni e circostanze comparabili. Le presenti linee guida riconoscono tale difficoltà concettuale nell’applicazione pratica del principio di libera concorrenza (si vedano i paragrafi 1.10-1.11). Ciononostante, le linee guida rispecchiano la forte adesione dei Paesi membri dell’OCSE al principio di libera concorrenza e agli sforzi volti a descrivere la sua applicazione e a perfezionare il suo funzionamento nella pratica (si vedano i paragrafi 1.14-1.15). Nel prendere in esame i problemi legati alle riorganizzazioni aziendali, l’OCSE ha tenuto conto di questa difficoltà concettuale nel tentativo di sviluppare approcci realistici e sufficientemente pragmatici.
9.7 Il presente capitolo tratta esclusivamente delle transazioni tra imprese associate ai sensi dell’articolo 9 del Modello di convenzione fiscale dell’OCSE e non si occupa dell’attribuzione degli utili in seno ad un’unica impresa ai sensi dell’articolo 7 del Modello, giacché questo aspetto è trattato nel Rapporto sull’attribuzione dei profitti alle stabili organizzazioni del 2010[1].
9.8 Non rientrano nell’oggetto del presente capitolo le norme anti-abuso e la legislazione relativa alle società estere controllate (Controlled Foreign Companies). Non rientra nell’oggetto di questo capitolo anche il trattamento fiscale interno di un pagamento effettuato conformemente al principio di libera concorrenza, ivi comprese le regole riguardanti la deducibilità di tale pagamento e come si possono applicare le disposizioni fiscali interne sulle plusvalenze. Non sono trattate, inoltre, l’IVA e le imposte indirette, malgrado il fatto che sollevino rilevanti problemi nel contesto delle riorganizzazioni aziendali.
B. Applicazione dell’Articolo 9 del modello di Convezione OCSE e di queste linee guida alle riorganizzazioni aziendali: quadro teorico
9.9 Il presente capitolo parte dall’ipotesi che il principio di libera concorrenza e le presenti Linee guida devono essere applicati ugualmente sia alle riorganizzazioni o alle transazioni post-riorganizzazione sia alle transazioni strutturate come tali sin dall’inizio. Ciò che è importante sottolineare, in base all’articolo 9 del Modello di Convenzione Fiscale dell’OCSE e al principio di libera concorrenza, è se vi sono delle condizioni stabilite o imposte di una riorganizzazione aziendale che differiscono da quelle che sarebbero state concordate tra imprese indipendenti. Tutte le indicazioni fornite nel presente capitolo devono essere interpretate alla luce di questo quadro teorico. Il presente capitolo è composto da due parti: la prima parte fornisce indicazioni sulla determinazione di un indennizzo per la riorganizzazione aziendale in linea con il principio di libera concorrenza; la seconda parte affronta la remunerazione delle transazioni tra imprese associate post-riorganizzazione. Le due parti vanno lette congiuntamente e applicate in conformità con le indicazioni fornite nel resto delle Linee guida e, in particolare, in conformità con il Capitolo I.
Parte I: Remunerazione di libera concorrenza della riorganizzazione in sé
A. Introduzione
9.10 Una riorganizzazione aziendale può implicare il trasferimento all’estero di elementi di valore, ad esempio beni immateriali di valore, anche se questo non sempre è il caso. Può anche, o in alternativa, comportare la risoluzione o la rinegoziazione sostanziale di accordi preesistenti, ad esempio accordi di produzione, di distribuzione, di licenza o di prestazione di servizi ecc.. Il primo passo da intraprendere nell’analizzare i prezzi di trasferimento nell’ambito di una riorganizzazione aziendale è delineare accuratamente le transazioni comprese nella riorganizzazione, identificando le relazioni commerciali o finanziarie e le condizioni connesse a tali relazioni che conducono a un trasferimento di valore tra le entità di un gruppo multinazionale. Questo aspetto è discusso nella Sezione B. La Sezione C discute l’identificazione delle transazioni accuratamente delineate che costituiscono parte della riorganizzazione aziendale. La relazione tra una riorganizzazione aziendale e la riallocazione del potenziale di profitto è trattata nella Sezione D. Le conseguenze, in termini di prezzi di trasferimento, del trasferimento di un elemento di valore sono discusse nella Sezione E di questa parte, mentre le conseguenze della risoluzione o della sostanziale rinegoziazione di accordi esistenti sono discusse nella Sezione F.
9.11 Ai fini dell’analisi dei prezzi di trasferimento, l’obiettivo dell’analisi è determinare se, ai sensi dell’Articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE, le condizioni convenute o imposte in transazioni comprese nella riorganizzazione aziendale differiscono da quelle che sarebbero state convenute o imposte tra imprese indipendenti e, se del caso, determinare gli utili che in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle imprese, ma che a causa di dette condizioni non lo sono stati, e includerli tra gli utili di tale impresa e tassarli di conseguenza.
9.12 L’applicazione del principio di libera concorrenza esige una valutazione delle condizioni accettate o imposte tra imprese associate a livello di ognuna di esse. Il fatto che una riorganizzazione aziendale possa essere motivata da valide ragioni commerciali a livello di gruppo multinazionale, ad esempio dalla volontà di accrescere le sinergie nel gruppo, non consente di determinare se è conforme al principio di libera concorrenza dal punto di vista di ognuna delle entità coinvolte.
B. Comprendere la riorganizzazione in sé
9.13 L’applicazione del principio di libera concorrenza alle riorganizzazioni aziendali deve cominciare, come per ogni transazione controllata, con l’identificazione delle relazioni commerciali o finanziarie tra le imprese associate coinvolte nella riorganizzazione aziendale e delle condizioni e circostanze economicamente rilevanti connesse alle suddette relazioni, così da delineare accuratamente le transazioni tra imprese associate comprese nella riorganizzazione aziendale. Al riguardo sono valide le indicazioni generali contenute nella Sezione D.1 del Capitolo I. Queste indicazioni richiedono l’analisi delle caratteristiche economicamente rilevanti delle relazioni commerciali o finanziarie tra le imprese associate e, in particolare, i termini contrattuali della riorganizzazione aziendale (Sezione D.1.1), le funzioni svolte da ciascuna parte nell’ambito della riorganizzazione, prima e dopo la riorganizzazione, prendendo in considerazione i beni utilizzati e i rischi assunti (Sezione D.1.2), le condizioni economiche delle parti (Sezione D.1.4) e le strategie commerciali (Sezione D.1.5). Inoltre, nell’analisi dovrà essere presente un’indicazione delle ragioni commerciali e dei benefici attesi dalla riorganizzazione, ivi compreso il ruolo delle sinergie e le opzioni realisticamente a disposizione delle parti. Come affermato nel paragrafo 1.33, le suddette condizioni e circostanze economicamente rilevanti delle transazioni accuratamente delineate comprese nella riorganizzazione aziendale saranno poi comparate con le condizioni e le circostanze economicamente rilevanti di transazioni comparabili tra imprese indipendenti.
9.14 Gli aspetti dell’identificazione delle relazioni commerciali o finanziarie esistenti tra le parti che sono particolarmente rilevanti per determinare le condizioni in linea con il principio di libera concorrenza delle riorganizzazioni aziendali sono analizzate nelle seguenti sezioni:
- l’accurata delineazione delle transazioni coinvolte nella riorganizzazione aziendale e le funzioni, i beni e i rischi prima e dopo la riorganizzazione (si veda la Sezione B.1);
- le motivazioni commerciali della riorganizzazione e i benefici attesi, ivi compreso il ruolo delle sinergie (si veda la Sezione B.2);
- le alternative realisticamente a disposizione delle parti (si veda la Sezione B.3).
B.1 Accurata delineazione delle transazioni che integrano le riorganizzazioni aziendali: funzioni, beni e rischi prima e dopo la riorganizzazione
9.15 Le riorganizzazioni aziendali possono assumere diverse forme e interessare due o più entità di un gruppo multinazionale. Ad esempio, un semplice accordo intercorso prima della riorganizzazione può riguardare un produttore a pieno rischio che produce beni e li vende a un distributore a pieno rischio associato affinché li rivenda sul mercato. La riorganizzazione può comportare una modifica di questo accordo bilaterale, in virtù della quale il distributore diventa un distributore a basso rischio o un commissionario e i rischi fino ad allora assunti dal distributore a pieno rischio sono trasferiti al produttore, tenendo conto delle indicazioni contenute nella Sezione D.1 del Capitolo I. Le riorganizzazioni aziendali saranno spesso più complesse, in quanto le funzioni svolte, i beni utilizzati e i rischi assunti da una delle parti o da entrambe le parti prima della riorganizzazione saranno trasferiti a una o più entità del gruppo.
9.16 Per calcolare se una remunerazione, a valore di libera concorrenza, avrebbe dovuto corrispondersi al momento della riorganizzazione a una qualche entità ristrutturata all’interno di un gruppo multinazionale e, laddove la risposta fosse affermativa, per individuare l’ammontare di detta remunerazione nonché quale entità del gruppo dovrà sostenerla, è importante delineare accuratamente le transazioni intercorse tra l’entità ristrutturata e una o più entità del gruppo. A tali fini si rimanda alle dettagliate indicazioni della Sezione D del Capitolo I di queste Linee guida.
9.17 Quando le condizioni di una riorganizzazione aziendale sono state formalizzate dal gruppo multinazionale in forma scritta (ad esempio, accordi contrattuali scritti, corrispondenza e/o altre comunicazioni), tali accordi costituiscono il punto di partenza per determinare le transazioni che integrano una riorganizzazione aziendale all’interno del gruppo multinazionale coinvolto. I termini contrattuali potranno descrivere ruoli, responsabilità e diritti dell’entità ristrutturata previsti dagli accordi previgenti la riorganizzazione (inclusi, nelle circostanze del singolo caso, quelli previsti in conformità al diritto civile e commerciale) e in quale modo e misura i diritti e gli obblighi suddetti mutino ad esito della riorganizzazione. In ogni caso, quando non sussistano termini contrattuali in forma scritta o quando le specifiche circostanze di fatto, compresa la condotta delle parti, differiscano o modifichino materialmente le condizioni scritte di qualsiasi accordo tra le dette parti, la transazione effettiva che integra una riorganizzazione aziendale dovrà essere ricavata dalle circostanze di fatto così come si manifestano, compresa la condotta delle parti (si veda la Sezione D.1.1 del Capitolo I).
9.18 L’accurata delineazione delle transazioni che integrano le riorganizzazioni aziendali richiede l’effettuazione di un’analisi funzionale che conduca ad identificare le attività svolte e gli obblighi assunti ed economicamente rilevanti, i beni utilizzati o forniti e i rischi assunti dalle parti coinvolte prima e dopo la riorganizzazione. Conseguentemente, l’analisi andrà a concentrarsi sulle attività e sulle capacità effettive delle parti, così come sulla tipologia e sulla natura dei beni utilizzati o forniti dalle stesse nel contesto preesistente la riorganizzazione. Si veda la Sezione D.1.2 del Capitolo I. Attesa la rilevanza del rischio nell’analisi delle riorganizzazioni aziendali, la sezione seguente fornisce una guida specifica all’analisi del rischio nelle transazioni che integrano una riorganizzazione aziendale.
B.1.1 L’analisi del rischio nel contesto della riorganizzazione aziendale
9.19 I rischi assumono un’importanza essenziale nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali. In condizioni di libera concorrenza, l’assunzione del rischio associato a un’opportunità commerciale incide sul potenziale profitto di quell’opportunità e l’allocazione del rischio assunto tra le parti dell’accordo incide sulla distribuzione dei profitti e delle perdite risultanti dalla transazione attraverso la determinazione a valori di libera concorrenza della stessa. Spesso le riorganizzazioni aziendali si traducono nella conversione delle operazioni locali in operazioni a basso rischio (ad esempio “distributori a basso rischio” o “produttori su commessa a basso rischio”) e nella loro remunerazione con un ritorno relativamente basso (ma generalmente stabile) in ragione del fatto che i rischi economicamente rilevanti sono assunti da un’altra parte alla quale sono allocati i profitti e le perdite associati a detti rischi. Per tale motivo un esame dell’allocazione dei rischi tra imprese associate prima e dopo la riorganizzazione è una parte essenziale dell’analisi funzionale. Tale analisi consentirà all’amministrazione fiscale di valutare il trasferimento dei rischi economicamente rilevanti dell’attività che è riorganizzata e le conseguenze di detto trasferimento ai fini dell’applicazione del principio di libera concorrenza alla riorganizzazione in sé considerata e alle transazioni a questa successive.
9.20 Il quadro di riferimento sull’analisi dei rischi riportato nella Sezione D.1.2.1 del Capitolo I trova applicazione nel contesto delle riorganizzazioni aziendali e, in particolar modo, al fine di determinare quale parte si assuma gli specifici rischi in riferimento al loro controllo e alla capacità finanziaria di assumerli. È essenziale applicare questo quadro di riferimento al fine di determinare quale parte si assuma specifici rischi prima della riorganizzazione e quale in seguito ad essa. Ad esempio, quando una riorganizzazione comporti il trasferimento del rischio di magazzino, è importante esaminare non soltanto i termini contrattuali, ma anche la condotta delle parti in conformità alla fase 3 del quadro di riferimento (ad esempio, quando si proceda a delle svalutazioni di magazzino prima e dopo la riorganizzazione, laddove sia dovuta una qualche forma di indennizzo per queste svalutazioni, quale parte o parti eserciti le funzioni di controllo dei rischi e abbia la capacità finanziaria di assumerseli). Gli esiti di quest’analisi potrebbero stabilire che prima della riorganizzazione una parte abbia assunto il rischio di magazzino e la stessa continui a sostenerlo dopo la riorganizzazione, nonostante un mutamento nei termini contrattuali. In presenza di queste circostanze il rischio continuerà ad essere allocato alla stessa parte. Nel contesto delle indicazioni contenute nella Sezione D.1 del Capitolo I dovranno essere consultati i riferimenti, all’interno di questo Capitolo, al “trasferimento del rischio”, alla “riallocazione del rischio”, al “mutamento del rischio” o alla “cessazione del rischio”. In particolare, il destinatario del rischio si considera tale quando le condizioni fissate nel quadro di riferimento per l’analisi dei rischi nelle transazioni tra parti associate (Sezione D.1.2.1 del Capitolo I) siano rispettate.
9.21 Un secondo esempio si riferisce al presunto trasferimento del rischio di credito come parte di una riorganizzazione aziendale. L’analisi in conformità alla Sezione D.1.2.1 del Capitolo I dovrà considerare i termini contrattuali prima e dopo la riorganizzazione, ma anche esaminare come le parti operano in relazione al rischio prima e dopo la riorganizzazione. L’analisi dovrà poi esaminare se la parte che si assume contrattualmente il rischio lo controlli effettivamente attraverso una significativa capacità, anche decisionale, come definita nel paragrafo 1.65, e abbia la capacità finanziaria di assumersi detto rischio come definita nel paragrafo 1.64. È importante rilevare come una parte che, prima della riorganizzazione, non si sia assunta il rischio conformemente all’analisi di cui alla Sezione D.1.2.1 del Capitolo I non possa trasferirlo a un’altra parte e una parte che dopo la riorganizzazione non si sia assunta il rischio conformemente all’analisi di cui alla Sezione D.1.2.1 del Capitolo I non dovrà essere destinataria del potenziale di profitto associato a detto rischio.
- Per esempio, si supponga che prima della riorganizzazione aziendale, un distributore a pieno rischio si assuma contrattualmente il rischio di deterioramento del credito, che è evidenziato nel bilancio di fine anno. In ogni caso, l’analisi sopra descritta determina che prima della riorganizzazione aziendale le decisioni relative alle dilazioni dei termini di pagamento dei crediti commerciali e al recupero degli stessi fossero prese da un’impresa associata e non dal distributore e che l’impresa associata rifondesse i costi dei crediti inesigibili. È altresì stabilito che l’impresa associata sia la sola entità a controllare il rischio e abbia la capacità finanziaria di assumerlo, portando alla conclusione che, prima della riorganizzazione aziendale, il rischio non fosse assunto dal distributore. In presenza di una simile fattispecie non vi è per il distributore alcun rischio di deterioramento del credito da trasferire nell’ambito della riorganizzazione aziendale.
- In altre fattispecie potrebbe essere riscontrato che prima della riorganizzazione aziendale il distributore controllasse il rischio di deterioramento del credito e avesse la capacità finanziaria di sostenere il rischio contrattualmente assunto, ma mitigasse i suoi rischi attraverso polizze assicurative o contratti di cartolarizzazione stipulati con un’impresa associata a fronte di un’adeguata remunerazione. A esito della riorganizzazione aziendale, il rischio di deterioramento del credito è assunto contrattualmente dall’impresa associata che, come stabilito in conformità all’analisi sopra descritta, ora controlla il rischio e ha la capacità finanziaria per assumerlo. Il rischio è dunque stato trasferito, ma l’impatto sui profitti futuri del distributore in rapporto a quelli precedenti, risultante dal trasferimento del solo rischio, risulterà limitato, in ragione delle misure assunte prima della riorganizzazione e dei costi sostenuti al fine di mitigare i rischi di risultato del distributore.
9.22 In qualsivoglia analisi dei rischi nelle transazioni tra imprese associate è importante determinare se un rischio sia economicamente rilevante, ossia se assicuri un significativo potenziale di profitto, e, conseguentemente, se detto rischio possa essere alla base di una rilevante riallocazione del potenziale di profitto. La rilevanza del rischio dipenderà dalla probabilità che lo stesso si materializzi e dalla dimensione dei potenziali profitti e perdite derivanti dal rischio. Le rilevazioni contabili potranno fornire informazioni utili sulla probabilità e sulla misura di certi rischi (ad esempio, i rischi di deterioramento del credito, i rischi di magazzino), laddove gli accadimenti del passato costituiscano un indicatore dei rischi attuali, ma vi sono altresì rischi economicamente rilevanti che potrebbero non essere contabilizzati come tali separatamente (ad esempio, i rischi di mercato). Se un rischio è giudicato non economicamente rilevante per l’entità, allora detto rischio non sarà posto alla base di un significativo potenziale di profitto della stessa. In regime di libera concorrenza non ci si attende che una parte rinunci a un rischio che è percepito come economicamente insignificante in cambio di una rilevante contrazione del suo potenziale di profitto.
9.23 Per esempio, quando un distributore a pieno rischio è convertito in un distributore a rischio limitato o in un commissionario, in ragione della riduzione o eliminazione del rischio di magazzino nella propria attività ristrutturata, al fine di determinare se un simile rischio sia economicamente rilevante l’amministrazione fiscale tra l’altro analizzerà:
- il ruolo del magazzino nel modello di attività (per esempio, il tempo di commercializzazione, la gamma completa);
- la natura delle rimanenze (per esempio, pezzi di ricambio, fiori freschi);
- il livello di investimento nel magazzino;
- i fattori di crescita delle svalutazioni di magazzino o di obsolescenza (per esempio deperibilità, aumento dei prezzi, celerità delle innovazioni tecnologiche, condizioni di mercato);
- la storia delle svalutazioni e dell’obsolescenza delle rimanenze e se vi siano cambiamenti commerciali che incidano sull’affidabilità del rendimento storico come indicatore del rischio attuale;
- il costo di assicurazione contro i danni o le perdite di magazzino;
- la storia dei danni e delle perdite (in assenza di assicurazione).
B.2 Comprendere le ragioni commerciali della riorganizzazione e i benefici attesi, ivi compreso il ruolo delle sinergie
9.24 Secondo il punto di vista delle imprese, a prescindere dai prodotti che commercializzano e dal loro settore di attività, le imprese multinazionali riorganizzano le loro strutture per centralizzare maggiormente il controllo e la gestione delle funzioni di produzione, ricerca e distribuzione. In un contesto economico globale caratterizzato da un’incessante crescita della concorrenza, la riduzione dei costi determinata dalle economie di scala, la necessità di specializzazione e l’esigenza di guadagnare in efficienza e ridurre i costi sono citate come ragioni fondamentali delle riorganizzazioni aziendali. Quando un contribuente indica che l’obiettivo di realizzare sinergie è la ragione commerciale alla base di una riorganizzazione dovrà predisporre, al momento in cui decide o realizza la riorganizzazione, una documentazione per spiegare le sinergie previste e le assunzioni sulle quali si fondano tali previsioni. Questo tipo di documentazione sarà probabilmente prodotta a livello di gruppo a fini non fiscali, a sostegno del processo decisionale relativo alla riorganizzazione. Per le finalità dell’articolo 9, il contribuente dovrà documentare la fonte di queste sinergie e in che modo esse incidono, a livello dell’entità, sull’applicazione del principio di libera concorrenza (si veda la Sezione D.8 del Capitolo I). Ci si dovrà assicurare che, nel caso in cui le azioni di gruppo deliberate di concerto passino attraverso una riorganizzazione aziendale, le imprese associate che contribuiscono al beneficio sinergico siano remunerate in maniera appropriata dopo la riorganizzazione (si veda l’esempio nel paragrafo seguente). Inoltre, anche se le previsioni relative alle sinergie sono rilevanti per comprendere le modalità di una riorganizzazione aziendale, occorre evitare l’uso del senno di poi nella successiva analisi (si veda il paragrafo 3.74).
9.25 Ad esempio, una riorganizzazione aziendale può includere la predisposizione da parte di un gruppo multinazionale di un’operazione di centralizzazione dell’approvvigionamento che sostituisca le attività di approvvigionamento delle diverse imprese associate. In coerenza alle indicazioni del paragrafo 1.180 il gruppo multinazionale ha gestito i passaggi per centralizzare l’acquisto in una singola società del gruppo al fine di avvantaggiarsi degli sconti basati sui volumi di acquisto e dei potenziali risparmi nei costi amministrativi. In accordo con il Capitolo I, i benefici dovuti all’azione di gruppo deliberata di concerto dovranno essere attribuiti alle imprese associate i cui contributi hanno creato la sinergia. Tuttavia, in una riorganizzazione aziendale, la società che si occupa di acquisto centralizzato può anche contrattualmente assumere il rischio connesso all’acquisto, al mantenimento e alla vendita dei beni. Come stabilito nella sezione precedente, un’analisi dei rischi sulla base della struttura prevista nella Sezione D.1.2.1 del Capitolo I determinerà l’importanza economica del rischio e quale parte se lo assume. Sebbene la centrale di acquisto sia destinataria di un potenziale profitto nascente dall’assunzione del rischio associato col comprare, mantenere e vendere beni, non è titolata alla ritenzione dei profitti derivanti dal potere di acquisto del gruppo perché non ha contribuito alla creazione delle sinergie (si veda il paragrafo 1.188).
9.26 Il fatto che una riorganizzazione aziendale possa essere motivata da previsioni di sinergie non significa necessariamente che dopo la riorganizzazione gli utili del gruppo multinazionale di fatto aumenteranno. Ad esempio, se l’obiettivo della riorganizzazione è il mantenimento della competitività e non necessariamente la sua crescita può accadere che il miglioramento delle sinergie consenta al gruppo multinazionale di ottenere utili più elevati rispetto a quelli che sarebbero stati realizzati in futuro se la riorganizzazione non fosse stata attuata, ma potrebbero non necessariamente esserci utili supplementari rispetto a quelli ottenuti prima della riorganizzazione. Inoltre, le sinergie previste non sempre si realizzano. Può succedere che l’adozione di un modello operativo globale studiato per accrescere le sinergie del gruppo generi in realtà costi supplementari e perdite di efficienza.
B.3 Altre opzioni realisticamente a disposizione delle parti
9.27 Il principio di libera concorrenza si basa sull’idea che, per valutare le condizioni di una possibile transazione, le imprese indipendenti confronteranno tale transazione con altre opzioni realisticamente a loro disposizione e concluderanno la transazione solo nel caso in cui non trovino un’alternativa che offra una più interessante opportunità di perseguire il loro obiettivo commerciale. In altri termini, le imprese indipendenti non porteranno a termine una transazione se esiste un’altra opzione più vantaggiosa. L’esame delle altre opzioni possibili sarà utile nell’analisi di comparabilità, per comprendere le rispettive posizioni delle parti.
9.28 Pertanto, per applicare il principio di libera concorrenza, l’amministrazione fiscale dovrà valutare ogni transazione come accuratamente delineata nella Sezione D del Capitolo I e dovrà considerare le caratteristiche economicamente rilevanti tenute in conto dalle parti per giungere alla conclusione che non c’è una opzione realisticamente disponibile che offra una opportunità di perseguire i loro obiettivi commerciali chiaramente più interessante rispetto alla riorganizzazione adottata (si veda il paragrafo 1.38). Nel fare detta valutazione, potrà essere necessario o utile valutare le transazioni che fanno parte della riorganizzazione aziendale nel contesto di un più ampio accordo di transazioni economicamente connesse.
9.29 In condizioni di libera concorrenza, esistono situazioni in cui l’entità ristrutturata non avrebbe altre opzioni realisticamente a disposizione chiaramente più vantaggiose che accettare le condizioni della riorganizzazione, come ad esempio accettare la risoluzione di un contratto (con o senza indennizzo, come spiegato nella Sezione F sottostante). Nei contratti a lungo termine, questa situazione può presentarsi, ad esempio, quando ci si avvale di una clausola di recesso che autorizza l’una o l’altra parte a risolvere in anticipo un contratto per giusta causa. Nei contratti che consentono alle parti il diritto di recesso, la parte che se ne avvale può scegliere di farlo perché ritiene, tenuto conto dei termini della clausola relativa alla risoluzione del contratto, che è più vantaggioso per essa smettere di utilizzare una funzione o svolgerla internamente oppure ricorrere a un fornitore più economico o più efficiente o ancora cercare soluzioni più redditizie. Se l’entità ristrutturata trasferisse diritti o altri beni o un’attività a un’altra parte, potrebbe esigere una remunerazione per tale trasferimento come indicato nella Sezione E sottostante.
9.30 In condizioni di libera concorrenza, esistono anche situazioni in cui un’entità avrebbe avuto una o più opzioni realisticamente a disposizione che avrebbero offerto opportunità chiaramente più interessanti per raggiungere i propri obiettivi piuttosto che accettare le condizioni della riorganizzazione (tenuto conto di tutte le condizioni pertinenti, ivi comprese le future condizioni commerciali e di mercato, il potenziale di utile delle diverse soluzioni e la remunerazione o l’indennizzo eventuale ai fini della riorganizzazione), ivi compresa l’opzione di non concludere la transazione della riorganizzazione. In tal caso, un’impresa indipendente non avrebbe accettato le condizioni della riorganizzazione e sarebbero stati necessari aggiustamenti alle condizioni stabilite o imposte.
9.31 Il riferimento alla nozione di opzioni realisticamente a disposizione delle parti non ha lo scopo di costringere i contribuenti a documentare tutte le opzioni ipotetiche realisticamente disponibili. L’intento è piuttosto quello di indicare che, se esiste un’opzione realisticamente a disposizione chiaramente più vantaggiosa, essa deve essere presa in considerazione nell’analisi delle condizioni della riorganizzazione.
B.4 La documentazione ai fini dei prezzi di trasferimento in caso di riorganizzazione aziendale
9.32 Nel master file (si veda l’Allegato I al Capitolo V), ai contribuenti è richiesto di descrivere ogni rilevante transazione di riorganizzazione aziendale intervenuta durante l’anno. In più, nella documentazione nazionale, i contribuenti dovranno indicare se l’entità locale è stata coinvolta o interessata dalle riorganizzazioni aziendali intervenute nel corso dell’anno o negli anni immediatamente precedenti e spiegare gli aspetti di queste transazioni che hanno interessato l’entità locale (si veda l’allegato II al Capitolo V).
9.33 Come parte della loro documentazione ai fini dei prezzi di trasferimento, i gruppi multinazionali dovranno documentare le loro decisioni e intenzioni riguardanti le riorganizzazioni aziendali, specialmente con riferimento alle loro decisioni di assumere o trasferire rilevanti rischi, prima che intervengano transazioni rilevanti, e di documentare la valutazione delle conseguenze sul potenziale utile derivante dalle allocazioni di rischi significativi risultanti dalla riorganizzazione. Nel descrivere l’assunzione dei rischi come parte della riorganizzazione aziendale, i contribuenti dovranno utilizzare lo schema esposto nella Sezione D.1.2.1 del Capitolo I.
C. Riconoscimento delle transazioni accuratamente delineate che riguardano la riorganizzazione aziendale
9.34 Le imprese multinazionali sono libere di organizzare le loro operazioni imprenditoriali come ritengono opportuno. L’amministrazione fiscale non può imporre a un’impresa multinazionale come organizzare la propria struttura o dove allocare le proprie operazioni aziendali. Nell’assumere decisioni commerciali, le considerazioni relative alla tassazione possono essere rilevanti. Tuttavia, l’amministrazione fiscale ha la potestà di determinare le conseguenze fiscali della struttura posta in essere dall’impresa multinazionale, soggetta all’applicazione dei Trattati e, in particolare, dell’Articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale OCSE. Ciò significa che l’amministrazione fiscale, ove opportuno, può effettuare aggiustamenti ai profitti in linea con l’Articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale OCSE nonché altri tipi di aggiustamento previsti dal loro diritto nazionale (ad esempio, in virtù di norme antiabuso generali o speciali), nella misura in cui detti aggiustamenti siano compatibili con gli obblighi derivanti dai trattati.
9.35 Le riorganizzazioni aziendali spesso portano i gruppi multinazionali a realizzare modelli aziendali globali che quasi mai si realizzano tra imprese indipendenti, traendo vantaggio dal fatto che sono gruppi multinazionali e che possono lavorare in maniera integrata. Per esempio, i gruppi multinazionali possono realizzare catene produttive e distributive globali o funzioni centralizzate che si possono non trovare tra imprese indipendenti. La mancanza di comparabili non implica che la realizzazione di tali modelli aziendali globali non sia effettuata a condizioni di libera concorrenza. Dovrà essere fatto ogni sforzo per determinare il prezzo per le transazioni della riorganizzazione aziendale come sarebbe determinato in virtù del principio di libera concorrenza. L’amministrazione fiscale non disconoscerà parte o tutte le riorganizzazioni o sostituire a queste altre transazioni, a meno che non ricorrano le circostanze eccezionali descritte nel paragrafo 1.142. In questi casi, quanto stabilito nella Sezione D.2 del Capitolo I sarà applicabile. La struttura che, ai fini dei prezzi di trasferimento, sostituisce quella effettivamente adottata dai contribuenti dovrà avvicinarsi il più possibile ai fatti della transazione concretamente effettuata permettendo però di raggiungere un risultato previsto, commercialmente razionale, che avrebbe permesso alle parti di arrivare ad un prezzo accettabile per entrambe al tempo in cui l’accordo fu concluso. Per esempio, laddove un elemento di un accordo di riorganizzazione aziendale coinvolga la chiusura di una fabbrica, la struttura adottata ai fini dei prezzi di trasferimento non può ignorare la realtà che la fabbrica non opera più. Allo stesso modo, laddove un elemento della riorganizzazione aziendale coinvolga la delocalizzazione di funzioni aziendali sostanziali, la struttura adottata ai fini dei prezzi di trasferimento non può ignorare il fatto che queste funzioni sono state realmente delocalizzate.
9.36 Nel valutare la razionalità commerciale di una riorganizzazione aziendale secondo quanto previsto in merito al disconoscimento nella Sezione D.2 del Capitolo I, potrà sorgere la questione se guardare a una transazione singola o esaminare la questione in un più ampio contesto, tenendo conto anche di altre transazioni economicamente connesse. A tal fine, sarà appropriato fare riferimento alla razionalità commerciale della riorganizzazione nel complesso. Per esempio, laddove si esamini la vendita di un bene immateriale che è parte di una più ampia riorganizzazione aziendale che coinvolge cambiamenti degli accordi relativi allo sviluppo e all’utilizzo dello stesso, la razionalità commerciale della vendita del bene immateriale non dovrà essere analizzata separatamente da questi cambiamenti. Diversamente, laddove una riorganizzazione aziendale comporti cambiamenti a più di un elemento o di un aspetto di un’impresa che non siano economicamente collegati, la razionalità commerciale di cambiamenti particolari dovrà essere considerata separatamente. Ad esempio, una riorganizzazione aziendale potrà comportare la centralizzazione della funzione di acquisto di un gruppo e la centralizzazione della titolarità di un importante bene immateriale non connesso alla funzione di acquisto. In questo caso, la razionalità commerciale della centralizzazione della funzione di acquisto e la centralizzazione della titolarità di un importante bene immateriale dovranno essere valutati separatamente l’uno dall’altro.
9.37 Ci possono essere ragioni imprenditoriali di gruppo che portano un gruppo multinazionale a riorganizzarsi. Tuttavia, è importante ribadire che il principio di libera concorrenza considera le entità di un gruppo multinazionale come entità separate piuttosto che come parti inseparabili di una singola impresa unificata (si veda il paragrafo 1.6). Di conseguenza, non è sufficiente, nella prospettiva dei prezzi di trasferimento, che un accordo di riorganizzazione aziendale abbia senso da un punto di vista commerciale per il gruppo come entità unica: l’accordo dovrà essere a condizioni di libera concorrenza per ogni contribuente individualmente considerato, tenendo conto dei suoi diritti e degli altri beni, dei benefici previsti dall’accordo (e cioè qualunque considerazione dell’accordo post-riorganizzazione più, se applicabile, qualunque pagamento previsto come remunerazione per la riorganizzazione stessa) e delle opzioni realisticamente disponibili. Laddove una riorganizzazione aziendale abbia senso da un punto di vista commerciale per il gruppo come entità unica a livello pre-imposte, ci si aspetta che un appropriato prezzo di trasferimento (e cioè, qualunque remunerazione per l’accordo post-ristrutturazione più, se applicabile, qualunque pagamento a titolo di remunerazione per la riorganizzazione stessa) dovrebbe essere disponibile per remunerare a condizioni di libera concorrenza ogni transazione accuratamente delineata compresa nella riorganizzazione aziendale per ogni membro partecipante del gruppo.
9.38 Secondo l’Articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale OCSE, il fatto che un accordo di riorganizzazione aziendale sia motivato dallo scopo di ottenere benefici fiscali non giustifica di per sé la conclusione che non sia un accordo a condizioni di libera concorrenza[2]. La presenza di una motivazione o di un fine fiscale non giustifica di per sé il mancato riconoscimento della qualificazione o della struttura dell’accordo fatta dalle parti. Tuttavia, i benefici fiscali a livello di gruppo non determinano se il principio di libera concorrenza è soddisfatto a livello di singola entità coinvolta dalla riorganizzazione (si vedano i precedenti paragrafi). Inoltre, come indicato nel paragrafo 1.142, il fatto che un gruppo multinazionale unitariamente considerato sia lasciato in una situazione deteriore su una base pre-imposte potrà essere un importante indicatore nel decidere della razionalità commerciale della riorganizzazione.
D. Riallocazione della redditività attesa in seguito ad una riorganizzazione aziendale
D.1 Redditività attesa
9.39 Un’impresa indipendente non riceve necessariamente una remunerazione quando un cambiamento nei suoi accordi riduce la sua redditività attesa o i suoi utili futuri. Il principio di libera concorrenza non richiede una remunerazione o un indennizzo per una semplice riduzione dei profitti attesi da un’entità. Nell’applicare il principio di libera concorrenza alle riorganizzazioni aziendali, occorre determinare l’eventuale esistenza di un trasferimento di un elemento di valore (un bene o un altro tipo di attività), di una risoluzione o rinegoziazione sostanziale di accordi già in atto e se tali trasferimento, risoluzione o rinegoziazione avrebbero comportato una remunerazione tra parti indipendenti in circostanze comparabili. Queste due situazioni sono esaminate nelle Sezioni E ed F sottostanti.
9.40 Nelle presenti Linee guida, per “redditività attesa” si intendono i “profitti futuri attesi”. L’espressione può, in alcuni casi, includere delle perdite. La nozione di “redditività attesa” è spesso utilizzata a fini di valutazione, per determinare una remunerazione di libera concorrenza per un trasferimento di beni immateriali o di un’attività o per calcolare la remunerazione di libera concorrenza per la risoluzione o la rinegoziazione sostanziale di accordi preesistenti, dal momento in cui si è accertato che tale remunerazione o indennizzo sarebbe stato corrisposto tra parti indipendenti in circostanze comparabili.
9.41 Nel contesto delle riorganizzazioni aziendali, la redditività attesa non deve essere semplicemente interpretata come gli utili che si sarebbero realizzati o le perdite che si sarebbero subite se gli accordi preesistenti alla riorganizzazione fossero perdurati indefinitamente. Se un’entità non ha diritti né beni chiaramente identificabili al momento della riorganizzazione, allora non esiste una redditività attesa che giustifichi una remunerazione. Inversamente, un’entità che detiene diritti o beni significativi al momento della riorganizzazione potrà avere un alto potenziale di profitto che deve essere adeguatamente remunerato affinché l’entità accetti di perderlo.
9.42 Per determinare se, in condizioni di libera concorrenza, la riorganizzazione vera e propria potrebbe dare diritto a una qualsiasi forma di remunerazione, è importante comprendere la riorganizzazione, in particolare i cambiamenti avvenuti e la loro incidenza sull’analisi funzionale delle parti, le ragioni commerciali che la motivano e gli utili attesi, nonché le opzioni realisticamente a disposizione delle parti, come esaminato nella Sezione B.
D.2 Ripartizione dei rischi e della redditività attesa
9.43 La Sezione D.1.2.1 del Capitolo I fornisce indicazioni generali sugli aspetti relativi ai rischi in materia di prezzi di trasferimento e la riallocazione dei rischi derivante da una riorganizzazione aziendale dovrà essere analizzata sulla base di quanto stabilito in quella Sezione, in modo da determinare se il soggetto a cui è allocato il rischio derivante dalla riorganizzazione lo controlli e abbia la capacità finanziaria di assumerlo.
9.44 Si prenda l’esempio della conversione di un produttore a pieno rischio in un produttore su commessa. In tale caso, mentre l’applicazione del metodo del costo maggiorato potrà dar luogo a una remunerazione di libera concorrenza per le attività di subappalto post-riorganizzazione, occorre tuttavia determinare se il produttore debba ugualmente ricevere un indennizzo di libera concorrenza a fronte della modifica degli accordi preesistenti, in quanto ciò comporterà un maggior rischio di perdita della redditività attesa, tenuto conto dei diritti, degli altri beni e delle caratteristiche economicamente rilevanti da quest’ultimo possedute. L’argomento dell’indennizzo è discusso nella Sezione F.
9.45 Si pensi al caso in cui un distributore a pieno rischio operi in virtù di un accordo contrattuale a tempo indeterminato per uno specifico tipo di transazione. Si supponga che, contrattualmente, l’impresa abbia la possibilità di decidere se accettare o rifiutare la conversione in distributore a basso rischio di una consociata estera e che la remunerazione di libera concorrenza stimata per tale attività di distribuzione sia pari a un profitto stabile del 2% annuo, mentre la redditività attesa in eccesso unitamente ai rischi associati sarà ora da attribuire alla consociata estera. Ai fini del predetto esempio, si presume che la riorganizzazione aziendale conduca alla rinegoziazione degli accordi contrattuali preesistenti, ma non comporti alcun trasferimento di attività oltre ai diritti regolati dal contratto a tempo indeterminato. Dal punto di vista del distributore, si pone il problema di stabilire se il nuovo accordo (tenendo conto sia della remunerazione per le operazioni post-riorganizzazione che dell’indennizzo a fronte della riorganizzazione stessa) possa ritenersi ugualmente remunerativo rispetto alle sue alternative realisticamente disponibili, quantunque più rischiose. In caso contrario, ciò comporterà che l’accordo post-riorganizzazione non sia a condizioni di libera concorrenza e che occorreranno ulteriori forme di indennizzo per remunerare adeguatamente il distributore per la riorganizzazione o che possa essere necessario un giudizio sulla ragionevolezza economica della transazione, sulla base di quanto previsto alla Sezione D.2. Ai fini della determinazione dei prezzi di trasferimento, inoltre, è importante stabilire se i rischi trasferiti contrattualmente come parte di una riorganizzazione aziendale siano assunti dalle consociate estere sulla base delle indicazioni contenute nella Sezione D.1 del Capitolo I.
9.46 In condizioni di libera concorrenza, la risposta dipende dai diritti e dalle altre attività svolte dalle parti, dalla redditività attesa del distributore e della sua consociata in relazione ad entrambi i modelli di business e dalla durata prevista del nuovo accordo. In particolare, nel valutare la redditività attesa, è necessario stabilire se gli utili pregressi (calcolati sulla base del principio di libera concorrenza) siano un indicatore della futura redditività attesa o se ci siano stati dei cambiamenti nell’ambito del business durante la riorganizzazione, tali che i risultati del passato non costituiscano un indicatore della redditività attesa. Prodotti dei concorrenti, ad esempio, potrebbero avere l’effetto di erodere i margini di profitto e una nuova tecnologia o le preferenze dei consumatori potrebbero rendere i prodotti meno appetibili. La presa in considerazione di questi fattori dal punto di vista del distributore può essere illustrata con il seguente esempio:
Nota: Questo esempio ha solo finalità illustrative. Non ha lo scopo di dire alcunché sulla scelta del metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento, sull’aggregazione delle transazioni o sulla percentuale di remunerazione a valori di libera concorrenza delle attività distributive. Si assume in questo esempio che il cambiamento nell’allocazione dei rischi del distributore derivi dalla rinegoziazione degli accordi esistenti che comportano la riallocazione dei rischi tra le parti. Questo esempio è volto a illustrare la prospettiva del distributore. Esso non prende in considerazione la prospettiva dell’impresa estera associata (il committente), nonostante entrambe le prospettive dovrebbero essere prese in considerazione ai fini dell’analisi dei prezzi di trasferimento. |
Scenario 1 | Scenario 2 | Scenario 3 | |
Profitti del distributore prima della conversione: dati storici degli ultimi 5 anni (attività a pieno rischio) | Anno 1: – 2% Anno 2: 4% Anno 3: 2% Anno 4: 0% Anno 5: 6% | Anno 1: 5% Anno 2: 10% Anno 3: 5% Anno 4: 5% Anno 5: 10% | Anno 1: 5% Anno 2: 7% Anno 3: 10% Anno 4: 8% Anno 5: 6% |
Profitti futuri attesi dal distributore per i prossimi 3 anni (se fosse rimasto distributore a pieno rischio | [(-2)% a 6%] con incertezze significative entro questo intervallo | [5% a 10%] con incertezze significative entro questo intervallo | [0% a 4%] con incertezze significative entro questo intervallo (ad esempio, a causa di nuove pressioni competitive) |
Profitti futuri attesi dal distributore dopo la riorganizzazione per i prossimi tre anni (attività di distributore a basso rischio) | 2% all’anno | 2% all’anno | 2% all’anno |
9.47 Nello scenario n. 1, il distributore rinuncia a una redditività attesa che comporta incertezze significative a fronte di un livello di redditività relativamente basso ma stabile. Determinare se una parte indipendente sarebbe disposta a fare questa scelta dipende dal rendimento atteso nei due scenari, dalla sua propensione al rischio, dalle opzioni realisticamente a disposizione e dalla remunerazione potenziale per la riorganizzazione stessa. Nel caso n. 2, parti indipendenti, trovandosi nella situazione del distributore, non accetterebbero di trasferire senza remunerazione i rischi e la redditività attesa ad essi associata se avessero un’altra alternativa. Lo scenario n. 3 mostra che l’analisi deve tener conto della redditività attesa e che, se si verificano cambiamenti importanti nel contesto commerciale o economico, i dati storici non costituirebbero una base di analisi sufficiente.
E. Trasferimento di un elemento di valore
9.48 Le Sezioni da E.1 a E.3 sottostanti trattano di alcuni trasferimenti tipici che possono avvenire nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali: trasferimento di beni materiali, di beni immateriali e diritti sugli stessi e di attività d’impresa funzionanti (ongoing concern).
E.1 Beni materiali
9.49 Le riorganizzazioni aziendali comportano a volte il trasferimento di beni materiali (ad esempio, attrezzature industriali e commerciali) da un’entità ristrutturata a una consociata estera. Uno dei problemi più frequenti riguarda la valutazione del magazzino trasferito al momento della riorganizzazione dalla società produttrice o distributrice ristrutturata a una consociata estera (ad esempio, un committente), quando quest’ultima acquisti la proprietà del magazzino a partire dall’applicazione del nuovo modello operativo e della nuova organizzazione della catena produttiva e distributiva.
Illustrazione
Nota: Il seguente esempio serve esclusivamente ad illustrare il problema della valutazione dei trasferimenti del magazzino. Non si intende effettuare un’analisi delle transazioni della riorganizzazione aziendale come accuratamente delineate nella Sezione D.1 del Capitolo I, né si intende dimostrare che un dato metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento sia sempre valido nell’ambito delle operazioni di riorganizzazione aziendale. |
9.50 Si supponga che un contribuente, appartenente a un gruppo multinazionale, abbia svolto un’attività di produttore e distributore a pieno rischio. Secondo il modello operativo anteriore alla riorganizzazione, il contribuente acquistava le materie prime, fabbricava i prodotti finiti utilizzando i beni materiali e immateriali che possedeva, noleggiava o prendeva in licenza, svolgeva funzioni di marketing e di distribuzione e vendeva i prodotti finiti a clienti terzi. Nel fare questo, assumeva una serie di rischi, quali i rischi di magazzino, di insolvenza e di mercato.
9.51 Si supponga che questa organizzazione sia stata ristrutturata e che il contribuente operi ormai come un cosiddetto “produttore conto terzi” e un “distributore a rischio limitato”. Nell’ambito della riorganizzazione, è creata un’impresa associata estera che acquisisce diversi beni immateriali industriali e commerciali da diverse imprese collegate, ivi compreso il contribuente. In seguito alla riorganizzazione, le materie prime sono acquistate dalla società estera associata, messe in deposito nei locali del contribuente per la fabbricazione dei prodotti, in cambio di una remunerazione dei servizi di produzione. Il magazzino di prodotti finiti sarà in seguito di proprietà della consociata estera e i prodotti saranno acquistati dal contribuente per essere immediatamente rivenduti a clienti terzi (ovvero il contribuente acquista i prodotti finiti solo dopo aver concluso una vendita con un cliente). Nell’ambito di questo nuovo modello operativo, la consociata estera assume contrattualmente i rischi di magazzino che erano precedentemente sostenuti dal contribuente e soddisfa i requisiti sul controllo sul rischio e sulla capacità finanziaria di assumerlo.
9.52 Si consideri ora l’ipotesi in cui, nel passaggio dal vecchio al nuovo modello operativo, le materie prime e i prodotti finiti iscritti nel bilancio del contribuente al momento della riorganizzazione siano trasferiti alla consociata estera. Il problema che si pone è come determinare il prezzo di libera concorrenza delle scorte di magazzino al momento della conversione. Si tratta di un problema che si può riscontrare in caso di passaggio da un modello operativo a un altro. Il principio di libera concorrenza si applica ai trasferimenti di scorte di magazzino tra imprese associate con sede in giurisdizioni fiscali diverse. La scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento appropriato dipende dall’analisi di comparabilità (in particolare, da quella funzionale) delle parti. È possibile che l’analisi funzionale debba coprire un periodo di transizione durante il quale è attuato il trasferimento. Ad esempio, nel caso di cui sopra:
- si potrebbe determinare il prezzo di libera concorrenza delle materie prime e dei prodotti finiti basandosi sui prezzi comparabili sul libero mercato, nella misura in cui tali prezzi soddisfino i fattori di comparabilità, ossia nella misura in cui le condizioni della transazione tra imprese indipendenti siano comparabili con quelle del trasferimento effettuato nell’ambito della riorganizzazione;
- un’altra possibilità potrebbe essere quella di determinare il prezzo di trasferimento dei prodotti finiti, come prezzo di rivendita ai clienti meno una congrua remunerazione (remunerazione di libera concorrenza) per le funzioni di marketing e di distribuzione che ancora devono essere svolte;
- un’ulteriore possibilità potrebbe essere quella di partire dai costi di produzione e aggiungere un congruo margine di profitto (margine di libera concorrenza) volto a remunerare il produttore per le funzioni da lui svolte, per i beni che ha utilizzato e per i rischi assunti con riferimento al suo magazzino. Ci sono comunque casi in cui il valore di mercato del magazzino è troppo basso per poter costituire un elemento di profitto da aggiungere ai costi di produzione in condizioni di libera concorrenza.
9.53 La scelta del corretto metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento dipende anche da quale parte della transazione sia meno complessa e possa essere valutata con maggiore certezza (le funzioni svolte, i beni utilizzati e i rischi assunti dal produttore o le funzioni di marketing e di vendita che continuano ad essere svolte, tenuto conto dei beni impiegati e dei rischi assunti per il loro svolgimento). Si vedano i paragrafi 3.18–3.19 che trattano della scelta della parte da sottoporre a test.
9.54 In pratica, con riferimento alle scorte di magazzino al momento della riorganizzazione ci si dovrà comportare come parti indipendenti nella definizione dei termini dell’accordo complessivo e il magazzino dovrà essere analizzato come una parte rappresentativa delle transazioni effettive che riguardano la riorganizzazione aziendale. Una considerazione fondamentale è come affrontare i rischi inerenti il magazzino e come evitare una duplice contabilizzazione, ossia la parte che riduce i propri rischi non dovrebbe ricevere un corrispettivo che tenga conto dei rischi a cui ha rinunciato e che non può valorizzare. Se le materie prime che costano 100 hanno ora un prezzo di mercato di 80 o 120, allora un trasferimento cristallizzerebbe una perdita o un guadagno che potrebbe costituire un ostacolo significativo a una delle parti della riorganizzazione. La questione si potrà verosimilmente risolvere all’interno delle condizioni generali della riorganizzazione e dovrebbe essere analizzata di conseguenza. In pratica, potrebbe esserci un periodo di transizione durante il quale le scorte sono gradualmente ridotte prima di avviare i nuovi accordi, evitando così il trasferimento di magazzino, in particolare quando ci possono essere diverse complicazioni al di là dei prezzi di trasferimento che riguardano il trasferimento transfrontaliero della proprietà delle scorte di magazzino.
E.2 Beni immateriali
9.55 Il trasferimento di beni immateriali o di diritti su beni immateriali pone problemi complessi che riguardano sia l’identificazione dei beni trasferiti sia la loro valutazione. L’identificazione può rivelarsi difficile in quanto non tutti i beni immateriali di valore godono di protezione giuridica e sono registrati e non tutti sono identificati o registrati ai fini contabili. I beni immateriali possono comprendere i diritti di utilizzazione di beni industriali, quali brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni o modelli, nonché diritti d’autore su opere letterarie, artistiche e scientifiche (ivi compreso il software) e la proprietà intellettuale, come il know-how e i segreti industriali o commerciali. Possono anche comprendere liste clienti, reti di distribuzione, denominazioni uniche, simboli o immagini. Un aspetto essenziale dell’analisi di una riorganizzazione aziendale consiste nell’identificare i beni immateriali significativi o i diritti sugli stessi che sono stati (eventualmente) trasferiti e nel determinare se soggetti indipendenti avrebbero remunerato il loro trasferimento e quale sia il loro valore di libera concorrenza.
9.56 La determinazione del prezzo di libera concorrenza per il trasferimento dei beni immateriali o dei diritti sugli stessi dovrà essere condotta secondo le indicazioni contenute nella Sezione D.1 del Capitolo VI. Essa sarà influenzata da diversi fattori, tra cui l’ammontare, la durata e la rischiosità degli utili attesi dallo sfruttamento del bene immateriale, la natura del diritto sul bene e le restrizioni a cui potrebbe essere oggetto (restrizioni relative alle modalità di utilizzo o di sfruttamento, restrizioni geografiche, limiti di durata), l’estensione e la durata residua della (eventuale) tutela giuridica ed ogni possibile clausola di esclusività che potrebbe essere connessa al diritto sul bene. Si veda la Sezione D.2 del Capitolo VI. La stima del valore dei beni immateriali può essere complessa e incerta. Le indicazioni generali relative ai beni immateriali e agli accordi sulla ripartizione dei costi fornite nei Capitoli VI e VIII sono applicabili alle riorganizzazioni aziendali.
E.2.1 Trasferimento di beni immateriali o di diritti su beni immateriali da un’entità locale a un’entità centrale (impresa estera associata)
9.57 Talvolta le riorganizzazioni aziendali comportano il trasferimento della proprietà di beni immateriali o di diritti su beni immateriali, precedentemente appartenuti a una o più entità locali, a un’entità centrale con sede in un’altra giurisdizione fiscale (ad esempio, una consociata estera che opera in qualità di società committente o cosiddetta “IP company”). In alcuni casi, il cedente continua a utilizzare il bene immateriale trasferito, ma lo fa con un’altra veste giuridica (ad esempio, come licenziatario del cessionario o attraverso un contratto che includa diritti limitati sul bene immateriale, come un contratto di produzione che implichi l’utilizzo dei brevetti trasferiti o un accordo di distribuzione a rischio limitato che implichi l’utilizzo di un marchio che è stato trasferito). Secondo le indicazioni fornite nel Capitolo VI, è importante ricordare che la proprietà di un bene immateriale di per sé non conferisce alcun diritto a trattenere i rendimenti derivanti dallo sfruttamento dello stesso da parte del gruppo multinazionale (si veda il paragrafo 6.42). Al contrario, la remunerazione che deve essere corrisposta alle imprese consociate che svolgono o regolano lo svolgimento di funzioni legate allo sviluppo, alla valorizzazione, alla manutenzione, alla protezione o allo sfruttamento dei beni immateriali può comprendere qualsiasi quota del rendimento totale che si prevede possa derivare dai beni immateriali (si veda il paragrafo 6.54). Pertanto, il passaggio di proprietà di un bene immateriale all’interno di una riorganizzazione aziendale può non avere effetto con riferimento alla parte che ha diritto a trattenere i rendimenti che derivano da quel bene immateriale.
9.58 I gruppi multinazionali possono avere valide ragioni commerciali per centralizzare la proprietà dei beni immateriali o dei diritti sui beni immateriali. Ne è un esempio, nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali, il trasferimento della proprietà di beni immateriali che segue la specializzazione dei siti produttivi di un gruppo multinazionale. In un contesto pre-riorganizzazione, ogni entità produttiva può detenere e gestire una serie di brevetti, ad esempio, quando i siti produttivi, insieme ai relativi beni immateriali, sono stati storicamente acquisiti da terze parti. Nell’ambito di un modello operativo globale, invece, ogni sito produttivo può specializzarsi per tipologia di processo produttivo o per zona geografica, piuttosto che per brevetto. In seguito a questo tipo di riorganizzazione, il gruppo multinazionale potrebbe trasferire tutti i brevetti posseduti dalle entità locali presso un’entità centrale che, a sua volta, concederà i diritti contrattuali (licenze o accordi di produzione) a tutti i siti produttivi del gruppo perché fabbrichino i prodotti che ricadono nella loro nuova sfera di competenza, utilizzando i brevetti di cui erano inizialmente proprietari o che appartenevano a un’altra entità del gruppo. In un simile scenario sarà importante delineare l’effettiva transazione e capire se il trasferimento della proprietà sia dovuto ad esigenze di semplificazione (come nell’Esempio 1 dell’allegato al Capitolo VI) o se la riorganizzazione modifichi l’identità delle parti che svolgono o controllano lo svolgimento delle funzioni legate allo sviluppo, al miglioramento, alla manutenzione, alla protezione e allo sfruttamento di beni immateriali.
9.59 L’applicazione del principio di libera concorrenza richiede una valutazione delle condizioni concordate o imposte per ognuna delle imprese associate. Il fatto che la centralizzazione della proprietà dei beni immateriali sia motivata da valide ragioni commerciali a livello di gruppo multinazionale non permette di determinare se le condizioni del trasferimento siano conformi al principio di libera concorrenza dal punto di vista del cedente e del cessionario.
9.60 Anche nel caso in cui un’entità locale trasferisca la proprietà dei beni immateriali a una società estera associata e continui ad utilizzarli dopo il trasferimento, ma lo faccia con una diversa veste giuridica (ad esempio, in qualità di licenziatario), le condizioni del trasferimento dovranno essere valutate sia dal punto di vista del cedente che da quello del cessionario. La determinazione di una remunerazione di libera concorrenza per il conseguente possesso, controllo e sfruttamento del bene immateriale trasferito dovrà tener conto della rilevanza delle funzioni svolte, dei beni utilizzati e dei rischi assunti dalle parti in relazione allo stesso bene immateriale e analizzare, in particolare, il controllo dei rischi e il controllo delle funzioni svolte in relazione allo sviluppo, alla valorizzazione, alla manutenzione, alla protezione o allo sfruttamento dei beni immateriali.
9.61 Quando la riorganizzazione prevede che il trasferimento di un bene immateriale sia seguito dalla conclusione di un nuovo accordo ai sensi del quale il cedente continua ad utilizzare il bene immateriale trasferito, è opportuno esaminare l’intero accordo commerciale tra le parti, al fine di delineare accuratamente la transazione. Se una parte indipendente trasferisse un bene con l’intenzione di continuare a sfruttarlo, dovrebbe negoziare le condizioni della futura utilizzazione (ad esempio, nell’ambito di un accordo di licenza) parallelamente alle condizioni di trasferimento. In effetti, esiste un legame tra la determinazione di una remunerazione di libera concorrenza per il trasferimento di beni, la determinazione di una remunerazione di libera concorrenza per le transazioni post-riorganizzazione relative ai beni trasferiti, come i futuri canoni di licenza che il cedente dovrebbe pagare per continuare ad utilizzare il bene, e gli utili che il cedente prevede di ottenere dal futuro sfruttamento del bene. Ad esempio, in un accordo ai sensi del quale un brevetto è trasferito al prezzo di 100 nell’anno n e simultaneamente è concluso un accordo di licenza in virtù del quale il cedente continuerà ad utilizzare il brevetto trasferito in cambio di un canone di 100 all’anno per 10 anni, almeno uno dei due prezzi non sarà di libera concorrenza o l’accordo dovrà qualificarsi come qualcosa di diverso da una vendita concomitante a un contratto di licenza. In alcune circostanze, l’accurata delineazione della transazione potrà portare a concludere che gli accordi riflettono l’erogazione di un finanziamento, come illustrato nell’Esempio 16 dell’Allegato del Capitolo VI.
E.2.2 Beni immateriali trasferiti in un momento in cui la loro valutazione è altamente incerta
9.62 Difficoltà possono sorgere nel contesto di una riorganizzazione aziendale quando la valutazione di un bene immateriale o dei diritti su di un bene immateriale al momento della transazione risulta altamente incerta. In questi casi, si pone il problema di come determinare il prezzo di libera concorrenza. La soluzione consiste, tanto per il contribuente quanto per l’amministrazione fiscale, nel fare riferimento al modo in cui le imprese indipendenti si comporterebbero in circostanze comparabili per tenere conto dell’incertezza della valutazione nello stabilire il prezzo della transazione. A tale scopo, si dovrà fare riferimento alle indicazioni contenute nella Sezione D.3 del Capitolo VI.
9.63 Inoltre, nel caso in cui il bene immateriale trasferito a seguito della riorganizzazione soddisfi i criteri per essere considerato un bene immateriale di difficile valutazione di cui al paragrafo 6.189, si dovrà fare riferimento alle indicazioni contenute nella Sezione D.4 del Capitolo VI.
E.2.3 Beni immateriali locali
9.64 Quando un’entità locale a pieno rischio è convertita in un’entità a rischio ridotto, ridotti beni immateriali e ridotta remunerazione, il problema che si pone è quello di sapere se questa conversione comporti il trasferimento, dall’entità locale ristrutturata a una consociata estera, di beni immateriali di valore e se esistono beni immateriali locali che sono mantenuti dall’entità locale.
9.65 In particolare, nel caso di una conversione di un distributore a pieno rischio in un distributore a basso rischio o in un commissionario, sarà importante esaminare se il distributore abbia sviluppato beni immateriali locali di marketing nel corso degli anni precedenti la riorganizzazione e, in caso affermativo, determinare la natura e il valore di questi beni e se sono stati trasferiti a una consociata. Se tali beni immateriali locali esistono e sono stati trasferiti a una consociata estera, il principio di libera concorrenza deve essere applicato per determinare se e in che modo remunerare questo trasferimento, basandosi su ciò che avrebbero concordato parti indipendenti in circostanze comparabili. A questo proposito, è opportuno notare che il cedente dovrà ricevere (oltre a una remunerazione a valore di libera concorrenza per i beni immateriali trasferiti) una remunerazione a valore di libera concorrenza quando dopo la riorganizzazione esso continua a svolgere funzioni relative allo sviluppo, alla valorizzazione, all’aggiornamento, alla protezione o allo sfruttamento del bene immateriale locale trasferito (si veda la Sezione B.2.1 del Capitolo VI). Se invece i beni immateriali locali esistono e sono stati mantenuti dall’entità ristrutturata, gli stessi dovranno essere presi in considerazione nell’analisi funzionale delle attività poste in essere dopo la riorganizzazione. Possono di conseguenza influenzare la selezione e l’applicazione del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento più appropriato per le transazioni tra imprese associate post-riorganizzazione, in modo che possa essere determinata una remunerazione appropriata[3].
E.2.4 Diritti contrattuali
9.66 I diritti contrattuali possono rappresentare beni immateriali di valore. Il trasferimento tra imprese associate di diritti contrattuali di valore (o la rinuncia a tali diritti) dovrà comportare una remunerazione di libera concorrenza che tenga conto del valore dei diritti trasferiti tanto dal punto di vista del cedente che da quello del cessionario.
9.67 Particolari problemi sorgono in merito a situazioni, riscontrate nella pratica, in cui un’entità decide di risolvere un contratto che le conferiva dei vantaggi per consentire a una consociata estera di concludere un contratto similare e trarre vantaggio dalla redditività attesa ad esso associata. Si supponga, ad esempio, che la società A abbia concluso, con clienti indipendenti, contratti a lungo termine che comportano una redditività attesa elevata per A. Si supponga che, a un certo momento, A risolva volontariamente i contratti secondo modalità tali che i predetti clienti indipendenti siano, per ragioni legali o commerciali, costretti a concludere accordi similari con la società B, un’entità estera appartenente allo stesso gruppo multinazionale della società A. Ne consegue che i diritti contrattuali e la redditività attesa ad essi associata che spettavano ad A spettano ora a B. Se, nei fatti, B poteva concludere contratti con i clienti solo a condizione che A rinunciasse ai propri diritti contrattuali a suo vantaggio e se A ha risolto i contratti che la legavano ai suoi clienti solo perché sapeva che questi ultimi, per ragioni legali o commerciali, sarebbero stati costretti a concludere accordi similari con B, ci troviamo in realtà in presenza di una transazione tripartita che costituirà un trasferimento di diritti contrattuali di valore da A a B e darà luogo a una remunerazione di libera concorrenza, in funzione del valore dei diritti ai quali A ha rinunciato, sia dal punto di vista di A che di quello di B.
E.3 Trasferimento di attività d’impresa funzionante (ongoing concern)
E.3.1 Valutazione del trasferimento di attività
9.68 A volte una riorganizzazione aziendale comporta il trasferimento di un’attività d’impresa funzionante, ossia di un’unità operativa economicamente integrata. In questo contesto, per trasferimento di attività d’impresa funzionante si intende il trasferimento di beni associati alla capacità di svolgere certe funzioni e di sostenere certi rischi. Tali funzioni, beni e rischi possono includere, in particolare: beni materiali e immateriali; passività associate al possesso di taluni beni e allo svolgimento di talune funzioni, quali le attività di ricerca e sviluppo e di produzione; la capacità di eseguire le attività svolte dal cedente prima del trasferimento; nonché eventuali risorse, capacità e diritti. La valutazione del trasferimento di un’attività d’impresa funzionante deve rispecchiare tutti gli elementi di valore che darebbero luogo a una remunerazione tra imprese indipendenti in circostanze comparabili. Si veda la Sezione A.4.6 del Capitolo VI. Ad esempio, nel caso di una riorganizzazione aziendale che comporta il trasferimento di un’unità operativa dotata di infrastrutture di ricerca in cui lavorano ricercatori esperti, la valutazione della predetta attività d’impresa funzionante deve riflettere, tra le altre cose, il valore delle infrastrutture e l’impatto (per esempio, tempo e risparmio di costi) delle risorse umane a valore di libera concorrenza. Per un approfondimento del trattamento delle risorse umane dal punto di vista dei prezzi di trasferimento, si veda la Sezione D del Capitolo I.
9.69 La determinazione della remunerazione di libera concorrenza di un trasferimento di attività d’impresa funzionante non corrisponde necessariamente alla somma delle valutazioni distinte di ogni singolo elemento compreso nel trasferimento. In particolare, se il trasferimento di un’attività d’impresa funzionante implica diversi trasferimenti simultanei di funzioni, beni o rischi correlati tra loro, la valutazione di tali trasferimenti su base aggregata sarà necessaria per ottenere la stima più affidabile del prezzo di libera concorrenza dell’attività. Le tecniche di valutazione utilizzate nelle operazioni di acquisizione tra parti indipendenti possono rivelarsi utili per valutare il trasferimento di un’attività d’impresa funzionante tra imprese associate. Le indicazioni sull’utilizzo delle tecniche di valutazione per le transazioni che coinvolgono il trasferimento di beni immateriali o di diritti su beni immateriali contenute nella Sezione D.2.6.3 del Capitolo VI dovranno essere tenute in considerazione.
9.70 Si consideri, ad esempio, il caso in cui un’attività di produzione precedentemente svolta da M1, entità di un gruppo multinazionale, è trasferita a un’altra entità (ad esempio, per realizzare economie di localizzazione). Si supponga che M1 trasferisca a M2 i suoi impianti e le sue macchine, nonché scorte, brevetti, processi di produzione e know-how e i principali contratti che ha concluso con i suoi fornitori e clienti. Si assuma che diversi dipendenti di M1 siano ricollocati in M2 per aiutarla ad avviare l’attività di produzione trasferita. Supponiamo che tale trasferimento sarebbe considerato come un trasferimento di attività d’impresa funzionante se fosse avvenuto tra imprese indipendenti. Per determinare la remunerazione di libera concorrenza tra imprese associate di tale trasferimento, lo stesso dovrà essere confrontato con un trasferimento di un’attività d’impresa funzionante tra imprese indipendenti e non con il trasferimento di beni isolati.
E.3.2 Attività in perdita
9.71 Le riorganizzazioni che implicano una perdita di funzioni, di beni e/o di rischi per l’entità ristrutturata non comportano necessariamente una perdita effettiva degli utili futuri attesi. In alcuni casi, le circostanze sono tali che, invece di far perdere all’entità ristrutturata una redditività attesa, l’operazione la protegge in realtà da perdite potenziali. Un’entità può accettare una riorganizzazione perché questa opzione le sembra più favorevole che cessare la sua attività. Se l’entità ristrutturata prevede che senza riorganizzazione subirà delle perdite (ad esempio, perché sfrutta uno stabilimento che non rende più a causa della crescente concorrenza delle importazioni a basso costo), è probabile allora che la riorganizzazione non le faccia perdere una redditività attesa, ma piuttosto le consenta il proseguimento della sua attività esistente. In tali circostanze, la riorganizzazione può avere effetti benefici sull’entità ristrutturata, in quanto riduce o elimina le perdite future, se tali perdite sono superiori ai costi della riorganizzazione.
9.72 Sarebbe da chiedersi se il cessionario debba ricevere una remunerazione dal cedente in cambio della ripresa di un’attività in perdita. Per rispondere a questo quesito occorre sapere se, in circostanze comparabili, un’impresa indipendente sarebbe stata disposta a pagare per liberarsi dell’attività in perdita o se avrebbe preso in considerazione altre opzioni, come quella di cessare l’attività e se una terza parte sarebbe stata disposta ad acquisire l’attività in perdita (ad esempio, a causa di sinergie eventuali con le proprie attività) e, in tal caso, a quali condizioni (ad esempio, in cambio di una remunerazione). Possono verificarsi casi in cui un’impresa indipendente sia disposta a pagare, ad esempio se i costi finanziari e i rischi sociali di una cessazione d’attività sono tali che il cedente consideri più vantaggioso pagare un cessionario che cercherà di riconvertire l’attività e assumerà la responsabilità di un eventuale piano di licenziamento.
9.73 La situazione potrebbe essere diversa nel caso in cui l’attività in perdita abbia generato altri vantaggi quali, ad esempio, sinergie con altre attività svolte dallo stesso contribuente. È anche possibile che un’attività in perdita sia mantenuta perché presenta un interesse economico per l’intero gruppo. In tal caso, è opportuno determinare se, in condizioni di libera concorrenza, l’entità che continua a svolgere l’attività in perdita sarebbe remunerata da chi trae vantaggio dal suo mantenimento. Si veda la Sezione D.3 del Capitolo I.
E.4 Esternalizzazione
9.74 In caso di esternalizzazione, può succedere che una parte decida volontariamente di procedere a una riorganizzazione aziendale e di sostenerne i costi perché spera di realizzare risparmi di spese. Si supponga ad esempio che un contribuente che produce e vende prodotti in una giurisdizione in cui i costi sono elevati decida di esternalizzare la sua attività di produzione affidandola a una consociata con sede in una giurisdizione in cui i costi sono più bassi. Dopo la riorganizzazione il contribuente acquisterà i prodotti finiti dall’impresa associata e continuerà a venderli a clienti terzi. La riorganizzazione avrà probabilmente un costo per il contribuente, ma, al tempo stesso, gli consentirà risparmi sui futuri approvvigionamenti rispetto ai propri costi di produzione. Le imprese indipendenti adottano questo tipo di accordo di esternalizzazione senza esigere necessariamente dal cessionario una remunerazione esplicita se i risparmi di spese attesi dal cedente sono superiori ai costi della riorganizzazione[4].
F. Indennizzo dell’entità ristrutturata per la risoluzione o la rinegoziazione sostanziale di accordi preesistenti
9.75 La Sezione F affronta la questione se l’entità ristrutturata, in condizioni di libera concorrenza, dovrebbe ricevere una remunerazione, sotto forma di indennizzo, in occasione della risoluzione o della rinegoziazione sostanziale dei suoi accordi esistenti, a prescindere da un trasferimento di qualcosa di valore (collocato nella sezione precedente). Ai fini del presente capitolo, indennizzo significa qualsiasi tipo di risarcimento che possa essere corrisposto per le perdite subite dall’entità ristrutturata, sotto forma di pagamento anticipato, di ripartizione dei costi di riorganizzazione, di più basso (o più alto) prezzo di acquisto (o di vendita) nel contesto delle operazioni di post-riorganizzazione o di qualsiasi altra forma.
9.76 Le risoluzioni o le rinegoziazioni di accordi generalmente comportano cambiamenti nei rischi e nei profili funzionali delle parti, con conseguenze per l’assegnazione della redditività attesa tra di loro. Inoltre, la risoluzione o la rinegoziazione di rapporti contrattuali nel contesto di una riorganizzazione aziendale potrebbero causare danni agli enti ristrutturati, come i costi di ristrutturazione (ad esempio, svalutazione delle attività, cessazione dei contratti di lavoro), i costi di riconversione (ad esempio, per adattare l’operatività esistente ad altre esigenze del cliente) e/o la perdita di redditività attesa. In queste situazioni si pone la questione se, in condizioni di libera concorrenza, un indennizzo debba essere pagato all’entità ristrutturata e, se così fosse, come debba essere determinato.
9.77 Quando la risoluzione o la rinegoziazione di accordi esistenti implica il trasferimento di beni di valore (ad esempio, la risoluzione di un contratto di distribuzione è talvolta accompagnata da un trasferimento di beni immateriali), le indicazioni contenute nella Sezione E si applicano ai trasferimenti di beni di valore e la sezione considera se ulteriori indennizzi possono essere giustificati per eventuali danni subiti.
9.78 Non si deve presumere che tutte le cessazioni di contratti o le rinegoziazioni sostanziali debbano dare il diritto a indennizzi secondo il principio di libera concorrenza, in quanto ciò dipenderà dai fatti e dalle circostanze di ciascun caso. L’analisi in merito alla necessità che un indennizzo in condizioni di libera concorrenza sia garantito dovrà essere effettuata sulla base di un’accurata delineazione degli accordi prima e dopo la riorganizzazione (sulla base delle indicazioni contenute nella Sezione D.1 del Capitolo I e nella Sezione B.1 di questa Parte) e delle opzioni realisticamente disponibili alle parti.
9.79 Dopo aver accuratamente delineato i meccanismi di riorganizzazione e valutato le opzioni realisticamente disponibili alle parti, occorre considerare i seguenti aspetti:
- se il diritto commerciale supporta i diritti di indennizzo per l’entità ristrutturata in base ai fatti del caso come accuratamente delineati (cfr. Sezione F.1);
- se l’esistenza o l’assenza di una clausola di indennizzo o di disposizioni analoghe (così come i termini di una clausola siffatta, laddove esista), secondo le condizioni dell’accordo, come accuratamente delineata, sia a condizioni di libera concorrenza (cfr. Sezione F.2);
- quale parte dovrà in ultima analisi sopportare i costi legati all’indennizzo della parte che subisce la risoluzione o la rinegoziazione dell’accordo (cfr. Sezione F.3).
F.1 Se il diritto commerciale supporta i diritti di indennizzo per l’entità ristrutturata in base ai fatti del caso come accuratamente delineati
9.80 Nell’esaminare la conformità al principio di libera concorrenza delle condizioni della risoluzione o del mancato rinnovo di un accordo preesistente, gli eventuali diritti azionabili in giudizio previsti dal diritto commerciale possono fornire utili chiarimenti. La legislazione e la giurisprudenza commerciale possono fornire informazioni utili sui diritti all’indennizzo e sulle condizioni e sui termini che si potrebbero riscontrare in caso di risoluzione di alcuni tipi di accordi, ad esempio un accordo di distribuzione. È ad esempio possibile che, in virtù di queste norme, la parte che subisce la risoluzione abbia diritto a ricorrere in tribunale per ottenere un indennizzo, indipendentemente dal fatto che un risarcimento sia stato previsto, oppure no, nel contratto. Tuttavia, se le parti appartengono allo stesso gruppo multinazionale, è in realtà poco probabile che la parte che subisce la risoluzione adisca le vie legali contro una consociata per ottenere un risarcimento. Di conseguenza, le condizioni della risoluzione possono differire da quelle che prevarrebbero tra imprese indipendenti in circostanze similari.
F.2 Se l’esistenza o l’assenza di una clausola di indennizzo o di disposizioni analoghe (così come i termini di una clausola siffatta, laddove esista), secondo le condizioni dell’accordo, come accuratamente delineata, sia a condizioni di libera concorrenza
9.81 L’accurata delineazione della transazione individuerà se una clausola o un accordo di indennizzo è in atto dopo la risoluzione, il mancato rinnovo o la rinegoziazione degli accordi. Per farlo, il punto di partenza dovrà essere di considerare se sia prevista una clausola di indennizzo o una disposizione analoga per la risoluzione, il mancato rinnovo o la rinegoziazione e se le condizioni di risoluzione, mancato rinnovo o rinegoziazione del contratto siano state rispettate (ad esempio, in ordine a qualsiasi periodo di preavviso richiesto). Tuttavia, l’esame delle condizioni del contratto tra imprese associate può non essere sufficiente dalla prospettiva dei prezzi di trasferimento, poiché il semplice fatto che un determinato contratto sia stato cessato, non rinnovato o rinegoziato non fornendo un indennizzo o qualcosa di simile non significa necessariamente che sia a condizioni di libera concorrenza, come discusso di seguito.
9.82 Come indicato al paragrafo 1.46, nelle transazioni tra imprese indipendenti, la divergenza di interessi tra le parti garantisce: (i) termini contrattuali che riflettano l’interesse di entrambe le parti; (ii) che le parti tendono normalmente ad attenersi reciprocamente alle condizioni del contratto e (iii) che i termini contrattuali saranno ignorati o modificati generalmente solo se è nell’interesse di entrambe le parti. Tuttavia, questa stessa divergenza di interessi può non esistere nel caso delle imprese associate o può essere gestita in modo facilitato dal rapporto esistente tra di loro e può non solo o principalmente essere gestita mediante accordi contrattuali. Per questo motivo, quando le circostanze del caso differiscono dai termini scritti dell’accordo tra le parti o quando non esistono termini scritti, l’assenza o l’esistenza (e le sue condizioni) di una clausola di indennizzo dovrà essere dedotta dalla condotta delle parti. Ad esempio, può essere che, sulla base delle circostanze del caso e del comportamento effettivo delle imprese associate, si stabilisce che il termine del contratto è più lungo di quello stabilito nel contratto scritto, che darebbe diritto a qualche indennizzo in favore della parte cessata in caso di risoluzione anticipata.
9.83 Una volta stabilita l’esistenza o l’assenza di una clausola di indennizzo a favore dell’impresa ristrutturata dopo la cessazione, il mancato rinnovo o la rinegoziazione sostanziale degli accordi, l’analisi dovrà quindi concentrarsi sulla valutazione del fatto che tale clausola di indennizzo e le sue condizioni (o l’assenza di condizioni) siano di libera concorrenza. Se i dati comparabili evidenziano una clausola di indennizzo simile (o l’assenza di essa) in circostanze analoghe, una clausola di indennizzo (o l’assenza di essa) in un’operazione tra parti associate sarà considerata a condizioni di libera concorrenza.
9.84 Tuttavia, nei casi in cui tali dati comparabili non siano trovati, stabilire se la clausola di indennizzo (o la sua assenza) sia a condizioni di libera concorrenza deve tener conto dei diritti e delle altre attività delle parti al momento dell’entrata in vigore del contratto e della sua risoluzione o rinegoziazione. Quest’analisi sarà assistita dall’esame delle opzioni realisticamente disponibili alle parti, dal momento che in alcune situazioni può verificarsi che, in circostanze comparabili, un soggetto indipendente non avrebbe avuto alcuna opzione realisticamente disponibile che sarebbe stata chiaramente più interessante rispetto ad accettare le condizioni di risoluzione o rinegoziazione sostanziale del contratto. Si applicano le indicazioni contenute nella Sezione D del Capitolo I, nonché le indicazioni contenute nella Sezione B di questa parte.
9.85 Un altro aspetto che può essere necessario esaminare per valutare se le condizioni di un accordo, in relazione a una clausola di indennizzo, siano a valore di libera concorrenza è la remunerazione delle operazioni che sono oggetto dell’accordo e le condizioni finanziarie della sua cessazione, in quanto le stesse possono essere correlate. In effetti, i termini di una clausola di cessazione (o la sua assenza) possono costituire un elemento significativo dell’analisi funzionale delle operazioni e, in particolare, dell’analisi dei rischi delle parti e possono, pertanto, essere presi in considerazione nella determinazione di una remunerazione per le transazioni. Analogamente, la remunerazione delle transazioni inciderà sulla determinazione se le condizioni di risoluzione del contratto siano a condizioni di libera concorrenza.
9.86 Le riorganizzazioni aziendali possono causare la risoluzione dei contratti di lavoro dei membri di una forza-lavoro organizzata. A tal proposito, nel determinare se la riorganizzazione sia stata realizzata in condizioni di libera concorrenza, l’analisi dovrà esaminare i fatti e le circostanze, prima e dopo la riorganizzazione, relativi alla forza-lavoro organizzata, tra cui la possibilità che un elemento di valore sia stato trasferito al momento della risoluzione degli accordi tra imprese associate e, per esempio, la possibilità che nei contratti di lavoro delle risorse umane vi siano clausole restrittive implicite o esplicite (ad esempio, clausole di non concorrenza), alle quali dovrà corrispondere un importo da includere nell’indennizzo che dovrà essere pagato dalla parte che precedentemente operava ricorrendo a questa forza-lavoro.
9.87 Una situazione che merita un’attenzione particolare è quella in cui il contratto concluso richiedeva a una delle parti di realizzare un significativo investimento dal quale poteva ragionevolmente sperare un rendimento di libera concorrenza soltanto se il contratto fosse rimasto in vigore per un esteso periodo di tempo. Ciò esponeva la parte che doveva realizzare l’investimento a un rischio finanziario elevato in caso di risoluzione del contratto prima della scadenza di tale periodo di tempo. L’entità del rischio dipendeva dal fatto se l’investimento fosse altamente specializzato o potesse essere riutilizzato (con gli opportuni adeguamenti) per altri clienti. Se si trattava di un rischio sostanziale, parti indipendenti avrebbero dovuto, in circostanze comparabili, tenerne conto durante la negoziazione del contratto.
9.88 Per illustrare questa situazione, si prenda l’esempio di un contratto di produzione tra imprese associate che impone al produttore di investire in una nuova unità di produzione. Supponiamo che, al momento della conclusione del contratto, il produttore possa ragionevolmente sperare in un rendimento di libera concorrenza dell’investimento, a condizione che il contratto duri almeno cinque anni, che possano essere prodotte almeno x unità all’anno e che la remunerazione dell’attività di produzione sia calcolata su una base (ad esempio, y dollari/unità) che presumibilmente generi un rendimento di libera concorrenza dell’investimento totale nella nuova unità di produzione. Si supponga che dopo tre anni l’impresa associata risolva il contratto conformemente alle disposizioni contrattuali, nell’ambito di una riorganizzazione delle attività di produzione che coinvolge l’intero gruppo. Si supponga, inoltre, che l’unità di produzione sia altamente specializzata e che il produttore, dopo la risoluzione del contratto, non abbia altra scelta che eliminare l’attività.
9.89 In condizioni di libera concorrenza, il produttore può minimizzare i rischi inerenti all’investimento:
- includendo nel contratto un’adeguata clausola di indennizzo o delle sanzioni in caso di risoluzione anticipata o un’opzione a favore della parte che realizza l’investimento di cederlo all’altra parte a un determinato prezzo, se la prima non può più sfruttare il predetto investimento a causa della risoluzione anticipata del contratto da parte della seconda;
- tenendo conto del rischio legato alla possibile risoluzione del contratto nella determinazione della remunerazione delle attività contemplate dal contratto (ad esempio, includendo questo rischio nella determinazione della remunerazione delle attività di produzione, dove possono essere identificate terze parti comparabili che assumono rischi similari, magari includendo meccanismi basati su commissioni anticipate). In un tale contesto, la parte che realizza l’investimento accetta consapevolmente il rischio e riceve in cambio una remunerazione; non si ritiene, perciò, necessario il versamento di un indennizzo distinto per la risoluzione del contratto.
9.90 La minimizzazione del rischio inerente all’investimento da parte del produttore assume rilevanza soltanto se il produttore sostiene il rischio. Nella pratica, l’investimento realizzato da un’impresa associata in uno stabilimento produttivo, nel caso in cui detta impresa sia interamente dipendente da un’altra impresa associata in relazione alla capacità di generare proventi, richiede un attento esame in relazione all’identificazione dei rischi e di chi li sostiene. Come spiegato nell’Esempio 2 nei paragrafi 1.84 e 1.102, quando rischi significativi associati con la generazione di proventi da attività produttive sono posti in capo solamente a un’altra parte (che ha anche la capacità finanziaria di assumerli), allora a quell’altra parte competono le conseguenze positive e negative di quei rischi, inclusa la sottoutilizzazione, la svalutazione e i costi di chiusura. In questo caso, il produttore non dovrà sopportare le conseguenze finanziarie di una risoluzione anticipata, dal momento che non ha sostenuto i rischi economicamente significativi che hanno contribuito alla chiusura; non si ritiene neanche che il produttore debba minimizzare dei rischi che, di fatto, non si è assunto.
9.91 Un problema simile può sorgere quando una parte ha sostenuto spese di sviluppo che comportano all’inizio perdite o rendimenti bassi, ma consentono di prevedere rendimenti superiori alla media nei periodi successivi alla risoluzione del contratto. In tal caso, sarà necessario analizzare molto attentamente i reali accordi presi, al fine di determinare se la parte abbia sostanzialmente preso parte ai rendimenti delle spese di sviluppo o abbia semplicemente accettato dilazioni nei termini di pagamento. Nell’effettuare l’analisi saranno rilevanti le indicazioni concernenti l’assunzione dei rischi presenti nella Sezione D.1.2.1 del Capitolo I. Se la parte si assume i rischi, si ritiene che cercherà di tutelarsi dal rischio del mancato recupero dell’investimento, mediante clausole penali o di indennizzo. Se la parte non si è assunta i rischi del mancato recupero dell’investimento, allora i termini contrattuali non corrisponderanno a condizioni di libera concorrenza.
9.92 Nel caso in cui le condizioni concordate o imposte tra imprese associate, relativamente alla risoluzione, al mancato rinnovo o alla sostanziale rinegoziazione delle disposizioni esistenti, siano diverse da quelle che sarebbero state concordate tra imprese indipendenti, allora gli utili che in mancanza di tali condizioni sarebbero stati realizzati da una delle entità, ma che a causa di tali condizioni non lo sono stati, possono essere inclusi negli utili della predetta entità e tassati di conseguenza.
F.3 Quale parte dovrà in definitiva sostenere i costi relativi all’indennizzo da corrispondere alla parte che sopporta la risoluzione o la rinegoziazione del contratto
9.93 L’analisi dei prezzi di trasferimento riguardante la corrispondenza a condizioni di libera concorrenza delle condizioni della risoluzione o della sostanziale rinegoziazione di un contratto deve tener conto sia del punto di vista del cedente che di quello del cessionario. Il punto di vista del cessionario è importante non solo per valutare l’importo di un eventuale indennizzo in condizioni di libera concorrenza, ma anche per identificare la parte che deve versarlo. Non essendo possibile dare una risposta unica appropriata a tutti i casi, la scelta della soluzione dovrà essere basata su un esame dei fatti e delle circostanze del caso di specie e, in particolare, dei diritti e degli altri beni delle parti, della logica economica che sottende la risoluzione, dell’identificazione della o delle parti che traggono vantaggio dall’accordo e delle opzioni realisticamente disponibili alle parti. Gli esempi che seguono illustrano questo approccio.
9.94 Supponiamo che un contratto di produzione tra due imprese associate, l’entità A e l’entità B, sia risolto da A (essendo B il produttore). Supponiamo che A decida di ricorrere a un altro produttore associato, l’entità C, per continuare le attività di produzione precedentemente svolte da B. Come sottolineato nel paragrafo 9.78, non bisogna presumere che tutte le risoluzioni o rinegoziazioni sostanziali di contratti debbano comportare un risarcimento in condizioni di libera concorrenza. Supponiamo che si osservi, conformemente alle indicazioni fornite nella presente sezione, che nelle circostanze del caso, in condizioni di libera concorrenza, B sarebbe in condizione di chiedere un indennizzo per il danno subito dalla risoluzione del contratto. Il problema consiste nel determinare in definitiva quale parte dovrà sostenere il risarcimento da pagare a B: A (ovvero la parte che ha risolto il contratto), C (ovvero la parte che è subentrata nell’attività di produzione svolta precedentemente da B) o un’altra parte all’interno del gruppo multinazionale che tragga vantaggio dalla riorganizzazione. L’analisi dovrà iniziare con un’accurata delineazione delle effettive transazioni che costituiscono la riorganizzazione aziendale e prendere in considerazione le transazioni economiche con altre imprese nel gruppo multinazionale che possano aiutare a definire la transazione tra le imprese associate (si vedano i paragrafi 1.36-1.38).
9.95 È possibile che, in determinate situazioni, A sia disposto ad assumere il costo dell’indennizzo in condizioni di libera concorrenza, perché pensa ad esempio che la risoluzione del contratto che lo lega a B gli consentirà di realizzare risparmi di spese in virtù del nuovo accordo di produzione con C e che il valore attuale di tali risparmi di spese attesi è superiore all’importo dell’indennizzo.
9.96 In altri casi, C potrà essere disposto a corrispondere una commissione anticipata per ottenere i diritti relativi al contratto di produzione con A, in particolare se il valore attuale degli utili attesi dal nuovo contratto di produzione è tale da giustificare l’investimento da parte di C. In questi casi, il pagamento da parte di C può essere effettuato secondo diverse modalità, ad esempio sotto forma di pagamento di C ad A, o C potrà pagare indirettamente A soddisfacendo l’obbligo d’indennizzo di quest’ultima nei confronti di B. È anche possibile che C paghi B, ad esempio, nel caso in cui B possieda determinati diritti e C intenda pagare B per ottenere il trasferimento di tali diritti.
9.97 È anche possibile che, in condizioni di libera concorrenza, A e C siano disposti a condividere il costo dell’indennizzo. Nei casi in cui i vantaggi derivanti dalla riorganizzazione vadano a favore di un’altra parte all’interno del gruppo multinazionale, allora quest’altra parte dovrà sostenere il costo dell’indennizzo, direttamente o indirettamente.
Parte II: Remunerazione di transazioni tra imprese associate post-riorganizzazione
A. Riorganizzazione e strutturazione
A.1 Principio generale: un’applicazione univoca del principio di libera concorrenza
9.98 Il principio di libera concorrenza e le presenti Linee guida non si applicano diversamente e non devono essere applicate diversamente alle transazioni poste in essere dopo la riorganizzazione e a quelle che sono state strutturate come tali fin dall’inizio. Agire diversamente, altererebbe la concorrenza tra gli attori del mercato esistenti che riorganizzano le loro attività e i nuovi partecipanti che applicano lo stesso modello operativo senza dover riorganizzare le loro attività.
9.99 Le situazioni comparabili devono essere trattate allo stesso modo, a prescindere dal fatto che esse siano sorte in seguito a una riorganizzazione aziendale di una struttura già esistente. La scelta e l’applicazione pratica di un adeguato metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento devono basarsi sulle caratteristiche economicamente rilevanti che portano alla delineazione accurata dell’effettiva transazione.
9.100 Tuttavia, le riorganizzazioni aziendali comportano cambiamenti e il principio di libera concorrenza deve essere applicato non solo alle operazioni post-riorganizzazione, ma anche alle operazioni che compongono la riorganizzazione aziendale. L’applicazione del principio di libera concorrenza a queste ultime operazioni è discussa nella parte I di questo capitolo.
9.101 Inoltre, come spiegato qui di seguito, l’analisi di comparabilità di un accordo scaturente da una riorganizzazione aziendale potrebbe presentare alcune differenze di fatto rispetto all’analisi di un accordo strutturato come tale sin dall’inizio. Queste differenze di fatto non incidono sul principio di libera concorrenza e sul modo in cui è opportuno interpretare e applicare la presenti linee guida, ma possono influire sull’analisi di comparabilità e, di conseguenza, sul risultato della loro applicazione. Si veda la Sezione D per il confronto delle situazioni prima e dopo la riorganizzazione.
A.2 Eventuali differenze di fatto tra le situazioni derivanti da una riorganizzazione aziendale e quelle che sono state strutturate come tali sin dall’inizio
9.102 Quando un accordo tra imprese associate sostituisce un accordo preesistente (riorganizzazione), possono emergere differenze di fatto tra la situazione iniziale dell’entità ristrutturata e quella di un’entità creata ex novo. Spesso, l’accordo concluso dopo la riorganizzazione è stato negoziato tra parti che intrattenevano già relazioni contrattuali e commerciali. A seconda delle circostanze del caso di specie, in particolare dei diritti e degli obblighi acquisiti dalle parti in virtù di accordi precedenti, ciò può incidere sulle opzioni realisticamente a loro disposizione per negoziare i termini del nuovo accordo e, di conseguenza, sulle condizioni della riorganizzazione e degli accordi post-riorganizzazione (si vedano i paragrafi 9.27-9.31 per una discussione delle opzioni realisticamente disponibili nel contesto della determinazione della remunerazione per la riorganizzazione stessa). Si supponga, ad esempio, che una consociata abbia in passato fornito la prova della propria capacità di svolgere efficacemente il ruolo di “distributore a pieno titolo”, esercitando diverse funzioni di marketing e di vendita, utilizzando e creando beni immateriali di valore e assumendo, nell’ambito della sua attività, una serie di rischi, come il rischio di giacenza di magazzino, il rischio di insolvenza e il rischio di mercato. Si supponga che il suo contratto di distribuzione sia rinegoziato e convertito in un contratto di “distribuzione a rischio limitato”, nell’ambito del quale svolgerà funzioni di marketing limitate sotto la supervisione di una consociata estera, utilizzerà beni immateriali di marketing limitati e assumerà rischi limitati nel rapporto con l’impresa consociata estera e con i clienti. In una situazione del genere, il distributore ristrutturato non sarà nella stessa posizione di un distributore di nuova costituzione.
9.103 Se esiste una relazione commerciale tra le parti prima e dopo la riorganizzazione, potrebbe anche esserci una correlazione tra le condizioni delle attività prima della riorganizzazione e/o della riorganizzazione stessa, da un lato, e le condizioni degli accordi posti in essere dopo la riorganizzazione, dall’altro. Tale aspetto è esaminato nella Sezione C sottostante.
9.104 Alcune differenze tra la situazione dell’entità ristrutturata e quella di un’entità di nuova costituzione possono dipendere dal fatto che l’entità ristrutturata ha una presenza ben consolidata. Ad esempio, se si confronta una situazione in cui un “distributore a pieno titolo” solidamente affermato è convertito in un “distributore a rischio limitato”, con una situazione in cui un “distributore a rischio limitato” è inserito in un mercato in cui il gruppo non aveva prima una presenza commerciale, il nuovo arrivato dovrà probabilmente adottare misure volte a facilitare la sua penetrazione del mercato, che non saranno necessarie per l’entità ristrutturata. Ciò può incidere sull’analisi di comparabilità e sulla determinazione della remunerazione di libera concorrenza, in entrambi i casi.
9.105 Anche quando si confronta una situazione in cui un “distributore a pieno titolo” solidamente affermato è convertito in un “distributore a rischio limitato” con una situazione in cui un “distributore a rischio limitato” ha lo stesso numero di anni di presenza sul mercato, possono esistere delle differenze, giacché il “distributore a pieno titolo”, prima della sua conversione, ha probabilmente svolto certe funzioni, sostenuto alcune spese (ad esempio, di marketing), assunto certi rischi e contribuito alla creazione di alcuni beni immateriali, ciò che non avrà fatto il “distributore a rischio limitato”, benché presente sul mercato da lunga data. È allora opportuno domandarsi se, in condizioni di libera concorrenza, tali funzioni, beni e rischi supplementari debbano incidere unicamente sulla remunerazione del distributore prima della sua conversione, se debbano essere presi in considerazione nel calcolare la remunerazione dei trasferimenti al momento della conversione (e, in caso affermativo, secondo quali modalità), se debbano incidere sulla remunerazione del “distributore a rischio limitato” dopo la riorganizzazione (e, in caso affermativo, secondo quali modalità) o se occorra considerare una soluzione che combini queste tre possibilità. Ad esempio, nel caso in cui le attività prima della riorganizzazione svolte dal “distributore a pieno titolo” gli abbiano consentito di acquisire la proprietà di alcuni beni immateriali, ma che questo non sia il caso del “distributore a rischio limitato” presente sul mercato da lunga data, il principio di libera concorrenza potrà esigere che questi beni immateriali siano remunerati al momento della riorganizzazione se sono stati trasferiti dal “distributore a pieno titolo” a una consociata estera oppure che siano presi in considerazione per calcolare la remunerazione di libera concorrenza delle attività poste in essere dopo la riorganizzazione, nel caso in cui non siano stati trasferiti (cfr. Sezione E.2 della Parte I e il Capitolo VI di queste linee guida).
9.106 Quando una riorganizzazione comporta un trasferimento di rischi assunti precedentemente da un contribuente a una consociata estera, sarà importante esaminare se tale trasferimento riguardi unicamente i rischi futuri che deriveranno dalle attività svolte dopo la riorganizzazione o anche i rischi che esistevano al momento della riorganizzazione, come conseguenza delle attività anteriori. Ad esempio, si consideri una situazione in cui un distributore aveva assunto il rischio di insolvenza, che non assumerà più in seguito alla sua ristrutturazione come “distributore a rischio limitato” ed esso è comparato con un “distributore a rischio limitato” presente sul mercato da lungo tempo, che non ha mai dovuto assumere questo tipo di rischi. Per confrontare le due situazioni, basandosi su quanto descritto nella Sezione D.1.2.1 del Capitolo I, sarà importante esaminare se il “distributore a rischio limitato” nato dalla riorganizzazione assuma ancora i rischi di insolvenza sorti prima della riorganizzazione, ossia quando era “distributore a pieno titolo”, o se sono stati trasferiti tutti i rischi di insolvenza, ivi compresi quelli preesistenti al momento della conversione.
9.107 Tali osservazioni e interrogativi valgono anche per altri tipi di riorganizzazioni, che si tratti di forme diverse di riorganizzazione di attività di vendita o della riorganizzazione di attività di produzione, di ricerca e di sviluppo o di altre attività di prestazione di servizi.
B. Applicazione alle riorganizzazioni aziendali: scelta e applicazione di un metodo di determinazione del prezzo di trasferimento per le transazioni tra imprese associate poste in essere dopo la riorganizzazione
9.108 La scelta e l’applicazione di un metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento alle transazioni tra imprese associate poste in essere dopo la riorganizzazione devono derivare dall’analisi delle caratteristiche economicamente rilevanti della transazione così come è stata accuratamente delineata. È fondamentale capire la natura delle funzioni, dei beni e dei rischi in gioco nelle transazioni post-riorganizzazione e identificare quale parte rispettivamente le svolge, li utilizza e li assume. Ciò presuppone di disporre di informazioni su funzioni, beni e rischi di entrambe le parti della transazione, ad esempio l’entità ristrutturata e la consociata estera con la quale sta trattando. L’analisi non dovrà limitarsi alla mera definizione assegnata all’entità ristrutturata, giacché è possibile che un’entità definita “commissionario” o “distributore a rischio limitato” possieda beni immateriali locali di valore e continui ad assumere rischi di mercato significativi e che un “produttore su commessa” svolga importanti attività di ricerca e sviluppo e possieda e utilizzi beni immateriali unici. Per quanto riguarda le transazioni poste in essere dopo la riorganizzazione, è opportuno prestare un’attenzione particolare all’identificazione dei beni immateriali di valore e dei rischi economici significativi che l’entità ristrutturata continua ad assumere nella realtà (ivi compresi, ove opportuno, i beni immateriali locali non protetti) e verificare se tale ripartizione di rischi e beni immateriali sia conforme al principio di libera concorrenza. La forma della remunerazione non può determinare allocazioni di rischio inappropriate. È la determinazione di come le parti effettivamente controllano i rischi e se hanno la capacità finanziaria di assumerli, come indicato nell’ambito dell’analisi dei rischi nel Capitolo I, che determinerà l’assunzione dei rischi tra le parti e conseguentemente determinerà la selezione del metodo più appropriato di determinazione dei prezzi di trasferimento. I temi relativi ai rischi e ai beni immateriali sono discussi nella Parte I di questo capitolo.
9.109 Se la riorganizzazione instaura un modello operativo raramente riscontrato tra imprese indipendenti, gli accordi stipulati dopo la riorganizzazione possono sollevare talune difficoltà nell’identificazione di potenziali comparabili. Bisogna notare che il semplice fatto che non si riscontri un accordo tra imprese indipendenti non significa che lo stesso non sia conforme al principio di libera concorrenza o che sia commercialmente irrazionale. Inoltre, occorre fare ogni sforzo per determinare il valore delle transazioni di una riorganizzazione aziendale così come accuratamente delineate nell’ambito del principio di libera concorrenza.
9.110 È possibile che esistano dei comparabili (ivi compresi comparabili interni), fatte salve eventuali rettifiche da effettuare. Un esempio di applicazione del metodo del confronto del prezzo sarà il caso in cui un’impresa, che era precedentemente in affari in modo indipendente con il gruppo multinazionale, sia acquisita e che tale acquisizione sia seguita da una riorganizzazione delle transazioni che sono ormai transazioni tra imprese associate. Fatta salva l’analisi dei cinque fattori di comparabilità e del possibile effetto della realizzazione delle transazioni tra imprese associate e sul libero mercato in momenti diversi, le condizioni in cui si svolgevano le transazioni tra imprese indipendenti prima dell’acquisizione forniranno un prezzo comparabile di libero mercato per le transazioni tra imprese associate posteriori all’acquisizione. Anche nel caso in cui le condizioni delle transazioni siano ristrutturate, sarà possibile, a seconda dei fatti e delle circostanze del caso di specie, procedere a rettifiche di comparabilità per tenere conto dei trasferimenti di funzioni, beni e rischi realizzati all’atto della riorganizzazione. Ad esempio, si potrà procedere a una rettifica di comparabilità se una parte diversa assume il rischio di insolvenza.
9.111 Un altro esempio di applicazione del metodo del confronto del prezzo è costituito dal caso in cui parti indipendenti effettuino attività di produzione, di vendita o di prestazione di servizi comparabili a quelli effettuati dalla consociata ristrutturata. Considerata la recente diffusione delle attività di esternalizzazione, è in alcuni casi possibile riscontrare operazioni di esternalizzazione tra parti indipendenti in base alle quali applicare il metodo del confronto del prezzo al fine di determinare la remunerazione di libera concorrenza di transazioni poste in essere dopo la riorganizzazione tra imprese associate. Ciò suppone ovviamente che le operazioni di esternalizzazione soddisfino i criteri richiesti per essere considerate come transazioni di libera concorrenza e che l’analisi dei cinque fattori di comparabilità indichi con sufficiente certezza che non esistono differenze notevoli tra le condizioni delle operazioni di esternalizzazione concluse tra imprese indipendenti e quelle delle transazioni tra imprese associate post-riorganizzazione o che possono essere (e sono realmente) effettuate rettifiche di comparabilità sufficientemente affidabili per eliminare tali differenze.
9.112 Quando è proposto un comparabile, è importante assicurare che sia effettuata un’analisi di comparabilità delle transazioni tra imprese associate e tra parti indipendenti al fine di individuare eventuali differenze materiali tra di loro e, ove necessario e possibile, effettuare rettifiche per eliminare gli effetti di tali differenze. In particolare, è possibile che l’analisi di comparabilità riveli che l’entità ristrutturata continua ad esercitare funzioni importanti e di valore e/o che beni immateriali locali e/o rischi significativi sono ancora presenti nell’entità “a rischio limitato” a seguito della riorganizzazione, che non risultano nei comparabili proposti. Si veda la Sezione A per le eventuali differenze tra attività ristrutturate e attività di nuova costituzione.
9.113 L’identificazione di potenziali comparabili mira a trovare quelli più affidabili nelle circostanze specifiche, tenendo conto che la disponibilità delle informazioni può essere limitata e il loro ottenimento costoso (si vedano i paragrafi 3.2 e 3.80). Occorre riconoscere che i dati non saranno sempre perfetti. Esistono anche casi in cui non si trovano dati comparabili, ad esempio quando la riorganizzazione ha portato alla frammentazione delle funzioni integrate in varie società del gruppo in maniera dissimile rispetto alle parti non correlate. Ciò non significa necessariamente che la transazione tra parti associate non sia conforme al principio di libera concorrenza. Nonostante le difficoltà che si incontreranno nella ricerca di comparabili, occorre trovare una soluzione ragionevole per tutti i casi che riguardano la determinazione dei prezzi di trasferimento. Conformemente alle indicazioni del paragrafo 2.2, anche quando i dati comparabili sono scarsi e imperfetti, la scelta del metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento più appropriato al caso di specie deve essere coerente con la natura della transazione controllata, identificata in particolare mediante un’analisi funzionale.
C. Correlazione tra remunerazione della riorganizzazione e remunerazione post-riorganizzazione
9.114 In alcune circostanze, può esistere una stretta correlazione tra la remunerazione delle operazioni di riorganizzazione e la remunerazione di libera concorrenza per la gestione dell’impresa dopo la riorganizzazione. Ciò può verificarsi, ad esempio, quando un contribuente cede delle attività d’impresa a un’impresa associata con la quale deve intrattenere in seguito relazioni commerciali nell’ambito delle predette attività. Il paragrafo 9.74 dedicato all’esternalizzazione fornisce un esempio di questa correlazione.
9.115 Un altro esempio potrebbe essere il caso in cui un contribuente che svolge attività di produzione e di distribuzione procede a una riorganizzazione cedendo la propria attività di distribuzione a una consociata estera alla quale venderà in seguito i prodotti da lui fabbricati. La consociata estera si aspetterà di poter ottenere una remunerazione di libera concorrenza in cambio dell’investimento generato dall’acquisizione e dalla gestione dell’attività. In una tale situazione, il contribuente concorderà probabilmente con la consociata estera di rinunciare a tutto o a parte della remunerazione iniziale alla quale avrebbe diritto in condizioni di libera concorrenza, ottenendo in cambio benefici economici comparabili che trarrà, a lungo termine, dalla vendita dei prodotti alla consociata estera a prezzi superiori a quelli che quest’ultima accetterebbe di pagare se dovesse versare un pagamento iniziale. In alternativa, le parti potrebbero stabilire un pagamento iniziale per la riorganizzazione che sia in parte compensato dai prezzi di trasferimento per i prodotti finiti più bassi di quelli che sarebbero stati definiti in altre circostanze. Si veda la Parte I del presente capitolo per un’analisi delle situazioni nelle quali è dovuta una remunerazione di libera concorrenza per la riorganizzazione vera e propria.
9.116 In altri termini, nella situazione in cui il contribuente continua ad avere, in qualità di fornitore, una relazione commerciale con la consociata estera che riprende l’attività dallo stesso precedentemente svolta, il contribuente e la consociata estera hanno la possibilità di trarre vantaggi economici e commerciali da questa relazione (ad esempio, riguardo ai prezzi di vendita dei prodotti), che possono giustificare l’assenza di remunerazione iniziale per l’attività o prezzi di trasferimento futuri per i prodotti diversi da quelli che sarebbero stati concordati in assenza di riorganizzazione. Tuttavia, nella realtà, è a volte difficile strutturare e controllare un tale accordo. Benché i contribuenti siano liberi di scegliere di essere remunerati mediante un pagamento iniziale o un pagamento scaglionato nel tempo, l’amministrazione fiscale, nell’esaminare tali accordi, vorranno sapere quale incidenza ha avuto sulla remunerazione dell’attività post-riorganizzazione l’aver rinunciato a una remunerazione per la riorganizzazione. Più precisamente, in tal caso, le autorità fiscali vorranno esaminare la totalità degli accordi e richiederanno una valutazione separata della remunerazione di libera concorrenza della riorganizzazione e di quella delle transazioni poste in essere dopo la riorganizzazione.
D. Confronto delle situazioni prima e dopo la riorganizzazione
9.117 Un interrogativo importante riguarda l’eventuale ruolo dei confronti che possono essere effettuati tra gli utili effettivamente realizzati da una delle parti associate della transazione prima e dopo la riorganizzazione. In particolare, ci si può domandare se sarebbe appropriato determinare gli utili realizzati da un’entità dopo la sua riorganizzazione sulla base di quelli che realizzava prima di essere ristrutturata, effettuando aggiustamenti per tener conto del trasferimento o della rinuncia ad alcune funzioni o ad alcuni beni e rischi[5].
9.118 Un problema importante posto da tali confronti “prima e dopo” è che un confronto degli utili ottenuti dalle transazioni tra imprese associate poste in essere dopo la riorganizzazione con gli utili realizzati nelle transazioni tra imprese associate prima della riorganizzazione non basta a soddisfare l’obbligo di un confronto con transazioni indipendenti ai sensi dell’articolo 9 del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE. I confronti delle transazioni tra imprese associate con altre transazioni tra imprese associate non sono significativi per l’applicazione del principio di libera concorrenza e non saranno quindi utilizzati né dall’amministrazione fiscale per una rettifica dei prezzi di trasferimento né dal contribuente per giustificare la sua politica di determinazione dei prezzi di trasferimento.
9.119 Un altro problema posto dai confronti “prima e dopo” riguarda le difficoltà che possono sorgere nel valutare il gruppo di funzioni, beni e rischi ai quali l’entità ristrutturata ha rinunciato, considerato che tali funzioni, beni e rischi non sempre sono trasferiti ad un’altra parte.
9.120 Ciononostante, nell’ambito delle riorganizzazioni aziendali, i confronti “prima e dopo” consentiranno di capire meglio la riorganizzazione e contribuire ad un’analisi di comparabilità “prima e dopo” (in particolare, un’analisi funzionale), in modo da poter individuare quali cambiamenti hanno determinato le variazioni nella ripartizione degli utili/delle perdite tra le parti. In effetti, le informazioni sugli accordi esistenti prima della riorganizzazione e sulle condizioni di quest’ultima possono rivelarsi essenziali per comprendere il contesto nel quale gli accordi post-riorganizzazione sono stati realizzati e per valutare se sono conformi al principio di libera concorrenza. Possono anche far luce sulle opzioni realisticamente a disposizione dell’entità ristrutturata[6].
9.121 L’analisi dell’attività “prima e dopo” la riorganizzazione può rivelare che mentre alcune funzioni, beni e rischi sono stati trasferiti, altre funzioni possono ancora essere svolte dall’entità “spogliata”. Tipicamente, come parte della riorganizzazione, l’entità può essere stata spogliata di beni immateriali o di rischi, ma dopo la riorganizzazione continua a svolgere alcune o tutte le funzioni precedentemente svolte. A seguito della riorganizzazione, tuttavia, l’entità “spogliata” esegue tali funzioni sotto contratto con un’impresa associata estera. L’accurata delineazione dell’effettiva transazione tra l’impresa associata estera e l’entità “spogliata” determinerà le relazioni commerciali o finanziarie effettive fra esse, ivi incluso se i termini contrattuali siano coerenti con la condotta delle parti e con le altre circostanze del caso. La remunerazione a condizioni di libera concorrenza per ciascuna parte dovrà essere coerente con le funzioni effettivamente svolte, con i beni utilizzati e con i rischi assunti dopo la riorganizzazione.
9.122 Ad esempio, un’impresa multinazionale produce e distribuisce prodotti il cui valore non è determinato dalle loro caratteristiche tecniche, ma dal riconoscimento del marchio da parte del consumatore[7]. L’impresa multinazionale vuole differenziarsi dai suoi concorrenti attraverso lo sviluppo di marchi di rilevante valore, attuando una strategia di marketing costosa e accuratamente sviluppata. I marchi di fabbrica, i nomi commerciali e gli altri beni immateriali corrispondenti al brand sono di proprietà della società A nel paese A, la quale assume i rischi connessi alla proprietà, allo sviluppo e allo sfruttamento di tali beni immateriali. Lo sviluppo, la gestione e l’attuazione di una strategia di marketing a livello mondiale sono le principali determinanti della creazione di valore (value drivers) nell’impresa multinazionale e tali compiti sono eseguiti da 125 dipendenti presso la sede della società A. Il valore dei beni immateriali si riflette nell’elevato prezzo al consumo dei prodotti. La sede della società A fornisce anche servizi centrali per le affiliate del gruppo (ad esempio, gestione delle risorse umane, servizi legali e fiscali). I prodotti sono fabbricati da filiali legate ad A da accordi di produzione su commessa. I prodotti sono distribuiti da filiali, che li acquistano dalla Società A. Gli utili ricavati dalla società A, dopo la remunerazione di libera concorrenza dei suoi produttori su commessa e distributori, si assumono coincidenti con la remunerazione dei beni immateriali, delle attività di marketing e dei servizi centrali della società A.
9.123 Supponiamo che si proceda a una riorganizzazione. La proprietà dei marchi di fabbrica, dei nomi commerciali e degli altri beni immateriali corrispondenti al brand è trasferita dalla società A alla società Z, una nuova filiale creata nel Paese Z, in cambio di un pagamento in unica soluzione. Dopo la riorganizzazione, la società A è remunerata in base al metodo del costo maggiorato per i servizi che fornisce alla società Z e al resto del gruppo. La remunerazione dei produttori su commessa e dei distributori è sempre la stessa. Gli utili residui, dopo la remunerazione dei produttori su commessa, dei distributori e della società A per i servizi forniti dalla sua sede centrale, sono conseguiti dalla società Z. L’analisi di comparabilità porta a trarre le seguenti conclusioni:
- la società Z è gestita da una fiduciaria locale. Non dispone di personale (dipendenti o amministratori) che possa o abbia la facoltà di esercitare funzioni di controllo sui rischi associati allo sviluppo strategico dei marchi. Non possiede inoltre la capacità finanziaria di assumere tali rischi;
- i dirigenti della sede centrale della società A si recano una volta all’anno nel Paese Z per approvare le decisioni strategiche indispensabili al funzionamento della società. Tali decisioni sono preparate dalla sede centrale della società A nel Paese A prima dello svolgimento della riunione nel Paese Z. Il gruppo multinazionale ritiene che tali attività siano prestazioni di servizi esercitate dalla sede della società A per Z. Tali attività del processo decisionale strategico sono remunerate secondo il metodo del costo maggiorato, allo stesso modo dei servizi centrali (ad esempio, gestione delle risorse umane, consulenza legale e fiscale);
- lo sviluppo, la gestione e l’esecuzione della strategia di marketing mondiale sono svolti dagli stessi dipendenti della sede della società A e sono remunerati secondo il metodo del costo maggiorato.
9.124 La valutazione di tutti i fatti e le circostanze porta alla conclusione che la società continua ad esercitare le stesse funzioni e sopportare gli stessi rischi preesistenti alla riorganizzazione. In particolare, la società A continua ad avere la capacità di effettuare, e concretamente effettua, funzioni di controllo in relazione al rischio di sfruttamento dei beni immateriali. Inoltre, svolge le funzioni relative allo sviluppo, alla gestione e all’attuazione della strategia di marketing a livello mondiale. La società Z non possiede la capacità di esercitare funzioni di controllo, e non esercita concretamente le funzioni di controllo, necessarie per sopportare i rischi connessi ai beni immateriali. Conseguentemente, l’accurata delineazione della transazione dopo la riorganizzazione aziendale porta a ritenere che nella sostanza si tratti di un finanziamento tra la Società A e la Società Z, piuttosto che di una riorganizzazione volta alla centralizzazione della gestione dei beni immateriali. Può essere necessario valutare la razionalità commerciale dell’operazione sulla base delle indicazioni contenute nella Sezione D.2 del Capitolo I, tenendo conto dei fatti e delle circostanze complete dell’operazione[8].
9.125 Esistono anche casi in cui è possibile effettuare confronti “prima e dopo” in quanto le transazioni realizzate prima della riorganizzazione non erano transazioni tra imprese associate, ad esempio se la riorganizzazione è avvenuta in seguito a un’acquisizione e se possono essere effettuate rettifiche affidabili per eliminare gli effetti delle differenze tra le transazioni in condizioni di libera concorrenza realizzate prima della riorganizzazione e le transazioni tra imprese associate poste in essere dopo la riorganizzazione. Si veda l’esempio citato al paragrafo 9.110. Occorrerà seguire le indicazioni del paragrafo 3.2 per determinare se le transazioni in condizioni di libera concorrenza forniscono comparabili affidabili.
E. Economie di localizzazione
9.126 Le economie di localizzazione sono le economie che possono essere realizzate da un gruppo multinazionale che trasferisce alcune attività verso un luogo in cui i costi (quali i costi di manodopera, i costi immobiliari ecc.) sono meno elevati rispetto a quelli del luogo in cui svolgeva inizialmente le sue attività, tenuto conto degli eventuali costi di delocalizzazione (quali i costi di chiusura dell’attività esistente, gli eventuali maggiori costi delle infrastrutture nel Paese in cui l’attività è delocalizzata, gli eventuali maggiori costi di trasporto se la nuova entità è più distante dal mercato, i costi di formazione del personale locale ecc.). Le indicazioni fornite nella Sezione D.1.5 del Capitolo I sono utili nei casi in cui una strategia aziendale volta a realizzare economie di localizzazione sia addotta come motivazione commerciale di una riorganizzazione.
9.127 Quando una riorganizzazione produce economie di localizzazione importanti, occorre domandarsi se e come tali economie devono essere condivise dalle parti. Nell’affrontare la questione, si applicheranno le indicazioni fornite nella Sezione D.6 del Capitolo I.
9.128 Si prenda l’esempio di un’impresa che disegna, produce e vende abiti di marca. Si supponga che il processo di produzione sia semplice e che il marchio sia famoso e costituisca un bene immateriale di alto valore. Supponiamo, inoltre, che l’impresa sia costituita nel Paese A, nel quale i costi della manodopera sono elevati, e che decida di cessare le sue attività di produzione in quel Paese per trasferirle a una consociata, costituita nel Paese B, dove i costi della manodopera sono molto più bassi. L’impresa del Paese A mantiene i diritti sul marchio e continua a disegnare gli abiti. Dopo la predetta riorganizzazione, gli abiti saranno prodotti dalla consociata nel Paese B, nell’ambito di un accordo di produzione su commessa. Tale accordo non implica né l’utilizzo di beni immateriali di valore di cui la consociata detiene la proprietà o la concessione né l’assunzione di rischi significativi da parte della consociata nel Paese B. Gli abiti prodotti dalla consociata nel Paese B saranno in seguito venduti all’impresa del Paese A che li rivenderà a clienti terzi. Supponiamo che tale riorganizzazione consenta al gruppo formato dall’impresa del Paese A e dalla consociata del Paese B di realizzare economie di localizzazione significative. È opportuno domandarsi se tali economie di localizzazione debbano essere attribuite all’impresa del Paese A, alla consociata del Paese B o ad entrambe (e, in quest’ultimo caso, in quale proporzione).
9.129 Nell’esempio di cui sopra, poiché l’attività delocalizzata è sottoposta a una forte concorrenza, l’impresa del Paese A avrà probabilmente come opzioni realisticamente a disposizione la possibilità di ricorrere sia alla consociata del Paese B sia a un produttore terzo. Di conseguenza, dovrebbe essere possibile reperire dati comparabili per determinare le condizioni in cui una terza parte sarebbe disposta, nell’ambito di una transazione di libera concorrenza, a produrre abiti per la suddetta impresa. In una situazione di questo tipo, un produttore su commessa che opera in condizioni di libera concorrenza si vedrebbe attribuire una quota infima, o nulla, delle economie di localizzazione. Ragionando diversamente, la consociata nel Paese B si troverebbe in una situazione differente rispetto a quella di un produttore indipendente e ciò sarebbe contrario al principio di libera concorrenza.
9.130 Si prenda ora l’esempio di un’impresa nel Paese X che fornisce servizi d’ingegneria altamente specializzati a clienti indipendenti. Il prezzo che fattura ai suoi clienti indipendenti si basa su una tariffa oraria fissa paragonabile a quella applicata dai suoi concorrenti per servizi simili sullo stesso mercato. Si supponga che gli stipendi versati agli ingegneri qualificati nel Paese X siano elevati. L’impresa conseguentemente subappalta una gran parte dei lavori di ingegneria a una nuova consociata nel Paese Y. La consociata nel Paese Y assume ingegneri che possiedono la stessa qualifica, ma percepiscono uno stipendio nettamente più basso, riuscendo in questo modo a realizzare economie di localizzazione considerevoli per il gruppo costituito dalla stessa impresa e dalla consociata. I clienti continuano a trattare direttamente con l’impresa nel Paese X e non sono necessariamente al corrente del fatto che questa subappalti le sue attività. Per un certo periodo, questa nota impresa nel Paese X continua a praticare le stesse tariffe orarie, nonostante la riduzione significativa dei suoi costi. Tuttavia, dopo un po’ di tempo, la concorrenza la costringe ad abbassare le sue tariffe orarie (ad un importo che non consentirebbe all’impresa di far fronte al pagamento dei salari degli ingegneri qualificati nel Paese X, ma che comporterebbe comunque un guadagno se quei servizi fossero resi da ingegneri qualificati nel Paese Y). I clienti beneficerebbero di una parte delle sue economie di localizzazione. Anche in questo caso, occorre domandarsi a quale, o a quali, entità del gruppo multinazionale sia opportuno attribuire la parte delle economie di localizzazione non trasferita ai clienti, affinché il principio di libera concorrenza sia rispettato: alla filiale nel Paese Y, all’impresa nel Paese X o ad entrambe (e, in quest’ultimo caso, in quale proporzione). 9.131 Nel determinare a quale, o a quali, entità del gruppo multinazionale sia opportuno attribuire le economie di localizzazione affinché il principio di libera concorrenza sia rispettato sarà importante considerare le funzioni, i rischi e i beni delle parti, nonché le opzioni realisticamente disponibili per ognuna di esse. In questo esempio, supponiamo che vi sia una forte domanda per il tipo di servizi di ingegneria che l’impresa rende nel Paese X. Supponiamo, inoltre, che la filiale nel Paese Y sia l’unica società che opera in una sede a basso costo che sia in grado di fornire tali servizi con lo standard qualitativo richiesto e che la Società Y sia in grado di resistere alle pressioni dei prezzi da parte della concorrenza perché il know-how tecnico che ha agisce come ostacolo alla concorrenza. Inoltre, l’impresa del Paese X non ha la possibilità di assumere ingegneri qualificati nel Paese X per fornire tali servizi, in quanto il costo dei loro salari sarebbe troppo elevato rispetto alla tariffa oraria addebitata ai clienti. Considerando questo, l’impresa nel Paese X non dispone di molte altre opzioni, ma deve utilizzare questo fornitore di servizi. La remunerazione dovuta dall’impresa X alla Società Y dovrà tener conto delle economie di localizzazione create dalla Società Y oltre al valore dei servizi resi, inclusi i beni immateriali utilizzati per la fornitura di tali servizi. In alcuni casi, la natura dei contributi effettuati dall’impresa nel Paese X e dalla sua filiale nel Paese Y può giustificare l’utilizzo di un metodo di ripartizione dell’utile.
[1] Si veda il Rapporto sull’attribuzione di profitti alle stabili organizzazioni, approvato dal Comitato Affari Fiscali dell’OCSE il 22-23 giugno 2010 e dal Consiglio per la pubblicazione il 22 luglio 2010.
[2] Come indicato nel paragrafo 9.8, le norme nazionali anti-abuso non sono tra gli scopi di questo capitolo.
[3] Si veda la Parte II di questo capitolo per un approfondimento della remunerazione degli accordi post-riorganizzazione.
[4] Un ulteriore problema discusso nella Sezione D.6 del Capitolo I e nella Sezione E della parte II di questo capitolo è se e, in caso affermativo, in che modo il risparmio derivante dall’economia di localizzazione dovrà essere ripartito tra le parti in condizioni di libera concorrenza.
[5] Si tratta di un problema diverso da quello della redditività attesa trattato nella Parte I del presente capitolo.
[6] Si vedano i paragrafi 9.27-9.31 per un’analisi delle opzioni realisticamente disponibili. Si vedano anche i paragrafi 9.127-9.132 per un’analisi delle differenze fattuali che possono esistere tra situazioni derivanti da una riorganizzazione e situazioni che sono state strutturate come tali sin dall’inizio e l’incidenza di queste differenze sulle opzioni realisticamente a disposizione delle parti nell’ambito della negoziazione dei termini di un nuovo accordo e, di conseguenza, sulle condizioni della riorganizzazione e/o delle transazioni post-riorganizzazione.
[7] Per una spiegazione del termine “marchio”, si veda il paragrafo 6.23.
[8] Ciò a prescindere dall’applicazione della norma generale anti-abuso e dal problema della sede della direzione effettiva della società Z.